Il Jazz è piccante con il PJF: intervista a Sergio Gimigliano

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Roberto Gatto

Lo sappiamo tutti che è arrivato il caldo, anche se la tv continua a ripetercelo da quasi due mesi come se durante le nostri notti insonni e sudate noi ce lo dimenticassimo. Però estate vuol dire molte altre belle cose. Come i festival jazz. Di cose belle ne abbiamo bisogno, specie dopo gli anni di “clausura” forzata che abbiamo vissuto per la nostra salute, e le difficoltà nazionali ed internazionali. Ci proviamo. Forse aveva ragione il grande compositore jazz d’avanguardia Lester Bowie che diceva che il jazz non è solo una musica, ma uno stile di vita. Ne ha fatto sicuramente uno stile di vita Sergio Gimigliano, creatore e patron del Peperoncino Jazz Festival, che, insieme a sua moglie Francesca Panebianco, continuano a realizzare una delle rassegne più belle del panorama nazionale, basti pensare che stasera domenica 24 luglio a Corigliano-Rossano si esibirà Roberto Gatto, semplicemente uno dei migliori batteristi del mondo.

 

Allora Sergio entriamo subito in medias res: cosa ci aspetta quest’anno al PJF?

Questa è la ventunesima edizione e nonostante tutte le difficoltà, fra post-pandemie, guerre e le conseguenze del conflitto, siamo riusciti a realizzare un cartellone con 50 concerti, quasi uno dietro l’altro. Siamo partiti il 15-16 luglio con una sorta di anteprima a Scalea e Diamante. Da domani 24 luglio fino al 9 settembre, tutti i giorni saremo in giro per circa 25 comunità, toccheremo un po’ tutte le province, i parchi nazionali come ogni anno. Dal 27 luglio al 1° agosto, grazie al patrocinio dell’Ente Parco Nazionale della Sila, dei Comuni di Spezzano della Sila, San Giovanni in Fiore, Casali del Manco, della Pro Loco di San Giovanni in Fiore e di Destinazione Sila, la “carovana” del PJF si sposterà sul meraviglioso altopiano della Sila con sei eventi. Avremo un insieme fra artisti calabresi, molti bravi e che vanno giustamente promossi, nomi di livello nazionale ed internazionale, come il ritorno di John Patitucci e gli Yellowjackets fra gli altri. Continuiamo con la formula costruita negli anni che ormai è rodata e funzionante, con un’offerta di eventi godibili e di serenità che sappiamo che il pubblico apprezzerà.

 

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John Patitucci

Qual è la diversità di questo festival, le sue caratteristiche che lo rendono differente?

La nostra particolarità è senza dubbio il nostro essere itineranti. All’inizio è nato come un festival “normale”, come gli altri, nella mia Diamante, che durava alcuni giorni. Poi, come dicevano i latini e mi ripeteva sempre mio padre, “Nemo propheta in patria”, le cose sono cambiate e abbiamo cominciato a ricercare altre comunità, altri luoghi, fino ad oggi dove abbiamo toccato circa 30 comunità. Certo è molto molto più difficile. Ogni volta ripartiamo da zero perché cambia la città, cambia il palco, cambia l’albergo, cambia il ristorante, cambiano i viaggi, dall’aeroporto alla città, cambia l’Ufficio SIAE, cambia la promozione, però questo consolida l’essenza stessa e l’unicità del Peperoncino Jaz Festival. La forza è data dalla qualità della nostra offerta e non da altri tipi di legami. Insomma, nel tempo abbiamo toccato tantissimi comuni. La nostra libertà è data dalla qualità e dal senso di rispetto e collaborazione verso artisti, istituzioni, sponsor e partner. Anche durante i due anni della pandemia io e Francesca non ci siamo mai fermati, realizzando due edizioni comunque di buon livello. Siamo orgogliosi del nostro lavoro.

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Roberto Gatto

Quanto è jazz la Calabria ed in generale il Sud, sia nella pratica ma soprattutto nello spirito?

Nel Centro-Sud Italia è concentrata la maggior parte dei Festival jazz italiani ed è un segnale davvero importante che mi rende felice. Probabilmente perché la stagione dei festival è d’estate e quindi trova qui una cornice ideale. Noi, come regione e anche proprio nel nostro modo di fare siamo bravi a improvvisare e a fare tanto con poco; noi calabresi siamo dei jazzisti nati e non lo sappiamo. Riusciamo insomma sempre a sopravvivere e a fare delle cose belle, senza tanti fondi o senza tanti apparati, strutture e quant’altro, quindi in questo siamo abbastanza jazz.

 

 

Che vuol dire jazz oggi?

Ma guarda il jazz, per fortuna e non è confinabile entro certi limiti e questo è un bene perché si rinnova ogni giorno in modo costante, è una musica veramente viva. I Festival sono dei contenitori importanti di qualità. Oggi noi abbiamo allargato le tipologie, inserendo il cantautorato di qualità, il blues, il soul e altro. Cerchiamo di costruire un melting pot sempre basato sulla qualità.

jazzLibro Gioacchino Criaco “Custode delle parole” su cosa vuole dire perdere le parole. Però anche la musica è importante per esprimere l’animo. Quanto spazio c’è nel nostro mondo per le musiche? C’è chi vuole coltivare le differenze e chi vuole appiattire tutto. Che ne pensi?

Oggi c’è chi vuole comprimere ed appiattire tutto mettendo tutto all’interno di alcune categorie ed etichettandolo. A volte ascolti una canzone alla radio di artisti diciamo contemporanei è appena finito il pezzo è già dimenticato. In questo il jazz, invece va un po’ sempre controcorrente, cerca sempre di innovarsi, di rinnovarsi e di puntare sulla qualità. Lo fa sempre attraverso lo studio dietro un concerto, dietro un progetto di un disco c’è molto lavoro e molto studio. Molta musica è quasi usa e getta e si sente. Oggi molti giovani si stanno avvicinando al jazz, cominciano a sentire la necessità di ritornare ad una musica più vera che abbiamo dietro se una forza che rimanga e non sfugga via il giorno dopo.

 

Perché frequentare Platone, quando un sassofono può farci intravedere altrettanto bene un altro mondo?

(E.M. Cioran)

A me sembra che il jazz incarni perfettamente quell’idea di un mondo dove le differenze sono una ricchezza che unisce e non un muro che divide.

Sono d’accordo. È il discorso che facevano prima. Il jazz oggi è una commistione con l’Hip Hop, col Funk, col Soul e quant’altro, quindi, sono ottimista nel come dire nella crescita di questo genere musicale anche come attitudine delle persone.