GLI IRREGOLARI: Holmes Senza Sherlock

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“Si può fare Sherlock Holmes senza Sherlock Holmes?” “Elementare Watson.” Ma no! E’ un ossimoro, è irregolare!” Esatto. Irregolare. Eppure Netflix c’ha provato e per molti versi è riuscita a costruire un prodotto teen-horror di grande omaggio a Sir Arthur Conan Doyle, alla sua Londra vittoriana, in quel momento quasi capitale del mondo, riuscendo ad usare l’aura del più famoso detective della letteratura.
Una creatura letteraria che vanta tantissime trasposizioni: dalla versione cartoon Disney Basil L’Investigatopo, oppure nella versione più trasanda interpretata da Robert Downey Jr., senza considerare quello più moderno di Benedict Cumberbatch, fino a quella made in USA dal titolo Elementary che aveva la bella ed affascinante Lucy Liu come Watson. Va detto però che la migliore mai realizzata al livello televisivo è sicuramente quella inglese dal titolo italiano “Le Avventure di Sherlock Holmes” con Jeremy Brett, considerata da tutti gli appassionati la più fedele in assoluto. In ogni caso, il geniale detective si è sempre dimostrato sagace e capace di sfruttare ogni situazione, anche la più improbabile, con tutte le sue qualità. Ed i suoi difetti.

Il diciannovesimo secolo è stato un periodo fondamentale per l’Inghilterra sotto diversi aspetti. A livello industriale, il Regno Unito divenne una superpotenza mondiale, a livello coloniale, l’Impero Britannico si era espanso in tutto il globo, e in campo letterario abbiamo assistito alla nascita di grandi miti che poi sono giunti fino a noi nelle più disparate forme. Siamo in piena epoca vittoriana – da non perdere anche la serie Victoria con Jenna Coleman – e fiorisce molta letteratura di genere: l’horror, il romanzo fantascientifico e i gialli, con tutta la genealogia dei sottogeneri diversi che danno vita ad un sistema che amiamo ancora oggi.

 

Sherlock Holmes è detective nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle e da sempre accompagnato dal suo compagno dottor John Watson, totale devoto della logica e del metodo scientifico. Anche delle droghe e pessimo suonatore di violino.

Molto spesso Sherlock nelle sue avventure più difficili faceva affidamento sui ragazzi e bambini che abitavano i bassifondi di Londra, i cosiddetti “irregolari”. Questi avevano il compito di aiutare le indagini, ovviamente al giusto prezzo, recandosi nei luoghi dove una persona del calibro di Sherlock avrebbe attirato attenzioni non gradite. Ed è proprio da questo bizzarro gruppetto che Tom Bidwell ha tratto ispirazione per il suo Gli Irregolari di Baker Street.

 

La nuova serie di Netflix si compone di otto episodi della durata di circa cinquanta minuti ognuno e vede protagonista un gruppo di cinque adolescenti alle prese con l’arrivo di una misteriosa minaccia che sembra donare poteri a chi riesce ad attingere alla fonte di tale malvagità. I ragazzi vengono catapultati nel mondo del soprannaturale quando un tenebroso e per nulla simpatico Watson (interpretato da Royce Pierreson, già visto in The Witcher) si mette in contatto con Beatrice, effettiva protagonista della serie e mente del quartetto originale a cui poi si aggiungerà un personaggio a dir poco regale.

Per i primi quattro episodi, il quintetto è impegnato nella risoluzione di una serie di misteri paranormali, seguendo quella che poi è di fatto l’idea alla base delle quattro graphic novel realizzate da Tony Lee e Dan Boultwood, altra importante fonte di ispirazione. L’impressione iniziale è che ogni episodio della serie sia antologico, dei casi bizzarri collegati da un filo rosso. Tuttavia dal quinto episodio in poi viene snocciolata tutta la storia dietro alla protagonista Beatrice, il motivo per cui la sorella Jessica ha i poteri e perché un essere oscuro sembra tormentarla, e finalmente perché Sherlock Holmes non si è fatto vedere fino a quel momento.

Il ritmo è ben sostenuto e le puntate riescono a mantenerti incollato al piccolo schermo per tutti i cinquanta minuti, anche se gli inserti da love story sono naturalmente pensati per attirare il target young adult. C’è chi ha visto in questo prodotto una versione più matura e sviluppata di un altro grande successo di Netflix: Stranger Things. Un paragone lusinghiero visti i risultati in termini di audience. La  struttura antologica dei primi episodi ti fa sentire partecipe delle indagini e la suspense è ben costruita. Nella seconda parte questa crescita è diluita e culmina con una serie di sorprese ben architettate. È evidente però che non tutte le rivelazioni siano eclatanti e infatti non sono mancati diversi cliché individuabili da chilometri di distanza.

A livello scenografico la Londra vittoriana di Netflix è splendidamente sporca e rude come da manuale ed il dualismo fra l’upper class con i bassifondi fa capire l’importanza degli irregolari. Watson stesso sottolinea come un gentleman come lui non possa mischiarsi col comune volgo (anche se poi lo ritroviamo frequentatore di bettole come ogni buon gentiluomo dell’epoca). Il giudizio finale è positivo, è stata confermata una prossima stagione, soprattutto per essere riusciti in un’operazione anche molto complessa: costruire una serie solida, divertente,  per un target come quello giovanile che magari non si sarebbe mai avvicinato a Conan Doyle o alla Londra vittoriana. Usare un linguaggio narrativo che possa giungere in maniera affascinante alle nuove generazioni di spettatori per parlare di contenuti ed ambientazioni differenti è una sfida che la televisione è obbligata a condurre.

Gli adattamenti dei grandi detective della letteratura sono sempre stati un’ambizione della serialità televisiva. I risultati di audience del Commissario Montalbano del genio siciliano del compianto Andrea Camilleri hanno mostrato una via importante. Prima l’Italia aveva per due volte portato sul piccolo schermo l’ingombrante Nero Wolfe di Rex Stout, primo col volto di Tino Buazzelli e poi con quello di Francesco Pannofino, l’uomo che risolveva i casi senza mai uscire dalla sua stanza e coltivando orchidee. Tante le trasposizioni per le due creature di Agata Christie, il belga dai baffi all’insù Hercule Poirot, che ha avuto una recente e fortunata serie tv a lui dedicata, reperibile oggi su Amazon, fino alla simpatica ma sagace signora inglese Miss Marple, che al cinema ha avuto anche il volto della “signora in giallo” Angela Lansbury, ma ha avuto anche delle trasposizioni in tv.