Gargantua e i Pixies – Cartoline da Istanbul 1

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Giravo il cucchiaino per mescolare quel po’ di zucchero messo nel caffè quando il video sopra il bancone del bar mandò ancora una volta lo spot di quell’app della Apple. Per le app si fanno pochi spot e di solito non m’interessano proprio, ma quello era bello poi finiva con un pezzo straordinario.
-Ma sai che è proprio fica sta canzone!- disse il ragazzo mentre addentava un altro pezzo di cornetto, fuori l’autostrada scorreva come prima che io arrivassi all’autogrill.
Quella stessa frase l’avevo detta io 26 anni prima. Beh, se non erano le parole esatte ci andai molto vicino.
Gigantic dei Pixies, gruppo che per il 1988 era una grande novità, soprattutto perché li produceva Steve Albini. Perché non lo conoscesse Steve è un musicista di quelli, bravo, ma non eccezionale, ma come produttore gli andrebbe fatto un monumento. PJ Harvey, Nirvana, Fugazi, Gogol Bordello, Manic Street Preachers, Mogway, Motorpsycho, Uzeda, Zu, Zeni Geva, ma soprattutto loro, i Pixies. Melodia e Rumore. Insomma io quelle parole le dissi mentre era a casa di un amico, con una sorella più grande, una di quelle ragazze il cui ricordo ti rimane impresso, come l’urlo di Munch sulla retina, una di quelle che non vedrai più nella vita, ma nel naso ti rimarranno gli odori, dal cuoio degli anfibi, alla tintura per capelli. Avevo 14 anni, un’età in cui ci si finge disinteressati ma ci si entusiasma per un nulla, basta che sia fuori dalla tua cerchia, l’eta in cui ti avvii alla musica, l’altra musica, tutta quella che non arriva alla tv normale, alla radio normale, a qualsiasi cosa possa essere ritenuta normale. Insomma fottutamente snob. Neanche.Mi ricordo che rimasi sulla porta ad ascoltare il pezzo, poi lei mi disse che se volevo potevo ascoltare il disco intero, lei dovevo uscire. Era Surfer Rosa e c’era Where is my mind, l’avrete sentita, è la musica in Fight Club quando alla fine si vedono i grattacieli che vanno giù, i nuovi palazzi che crollano, einsturzende neubaten, geniale gruppo tedesco.
Io arrivai a quella età non come una tabula rasa, quello no, ma con una sete e con una fame che mi portai per molto, tanto da modificare testa e salute e avrei dovuto faticare parecchio per rimettere le cose a posto. Era Gigantic ed io mi sentivo come un Pantagruel della musica, dei libri e del cinema. Mi bastavano? No, non mi bastava niente, neanche da mangiare. Vivevo nel segno dell’indigestione. E se m’avessero come sarei diventato dopo, cosa avrei passato, non credo mi sarei fermato. Avessi visto la stanza col divano, le parole e gli occhi rossi, i bisturi e le flebo, forse qualche domanda me la sarei fatta. Lo dico a quarant’anni però, all’epoca non mi importava.
Dopo Surfer Rosa i Pixies fecero Doolittle e tutto scorreva caldo e da Pantegruel io diventai Gargantua. Però mi fermo e non cedo all’istante della liberazione, del vuotare il sacco, anche se il testo di Gigantic parla di Paul, Paul Bunyan, il taglialegna gigante, una leggenda americana, che andava in giro con questo enorme vitello blu. Gli stessi che verranno nominati in Fargo dei Cohen. Tutto sembrava tornare, tutti quei miliardi di cose sembravano incasellarsi in nuove galassie che componevano la mia vita e le tante altre vite che si incastravano con la mia. Reincontrai la stessa ragazza tanti anni dopo, parlammo e ci vedemmo per qualche settimana. Una mattina mi disse che lei invidiava chi ascoltava i Pxies per la prima volta perché erano un grande gruppo da scoprire. La vita è anche un insieme di prime volte, nel bene e nel male. La fregatura è che c’è solo una prima volta ed una sola per ogni cosa, non si replica, il resto è ricordo.  Poi nero e una dissolvenza. Voluta, a sfumare. Non più a sfamare, perché poi la selezione delle cose diventa ricetta essenziale di vita.

Il caffè è finito. I due ragazzi sono ancora lì a parlare dell’app della Apple, della canzone meno, segno dei tempi. No, segno solo di loro due. Io scambio un sorriso con la mia compagna di viaggio che mi domanda un semplice “tuttapposto?”. Faccio si con la testa e la bacio la guancia.
Per un attimo mi giro a guardare i due ragazzi, potrei dirgli di ascoltare i Pixies, ma non sono ancora così vecchio da poter dare i consigli ai giovani, ognuni deve fare i propri sbagli. Ritorniamo in strada, perché pare che la nostra l’abbiamo trovata. Anche se piena di curve. Melodia e rumore.