Apple Tv si misura con un “testo sacro” della narrazione del ‘900. Fondazione è un adattamento di una prima parte del Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov. E’ da vedere? Si. E’ importante? Si.
“La fantascienza è, in altri termini, narrativa dell’ipotesi, della congettura o dell’abduzione, e in tal senso è gioco scientifico per eccellenza, dato che ogni scienza funziona per congetture, ovvero per abduzioni.”
Questo lo ha detto io ma Umberto Eco, il grande semiologo torinese stracitato solamente per la frase sui social, purtroppo perché non solo solo è male interpretato ma ha scritto molto, ma molto, di più. Compreso quello di uscire da un pregiudizio vecchio sulla fantascienza – meno male che anche Matrix è stato d’aiuto in questo!
Il caldo abbraccio cromato dei robot di Asimov
Asimov è stato autore di romanzi importanti come Nemesis e Notturno, con il quale insieme ad Heinlein iniziò quel fenomeno chiamato Social Science Fiction, il fondatore di cicli importanti, come quelli dei robot, ma soprattutto quello della Fondazione. Come il ciclo di Dune, che ha visto una recente e nuova trasposizione cinematografica, ogni volta che arriva l’adattamento da una narrazione complessa tutti sono affascinati dall’impresa, ma allo stesso tempo affilano le lame delle loro spade di appassionati. Credo sia un atteggiamento che denota un grande affetto. E anche una grande paura. Quella di veder tradite le proprie fantasie ed aspettative.
Ri-Fondazione
Fondazione è una serie televisiva prodotta da Apple e destinata alla sua piattaforma, Apple TV+, un servizio che negli ultimi anni sta producendo un numero sempre crescente titoli di qualità allo scopo di superare i suoi competitor nella corsa allo streaming. Fondazione è ispirato al Ciclo delle Fondazioni, nato inizialmente come trilogia, pubblicata tra il 1951 e il 1953 e che in seguito ha ricevuto diverse estensioni, sia prequel che sequel del costone originario, costruendo sempre di più un universo complesso e dettagliato fatto di razze, politica, guerre e tanta sociologia. Al centro di questa costellazione narrativa c’è Hari Seldon, psicostoriografo e matematico dell’Impero che, tramite dei calcoli complicatissimi, è riuscito a prevedere una catastrofe imminente che si abbatterà proprio sull’Impero, che verrà vessato da 30.000 anni di barbarie. Una soluzione sicura non c’è, ma Seldon sviluppa due macroidee in parallelo: la creazione di un’enciclopedia galattica che mette in piedi un sapere millenario da tramandare di generazione in generazione e che pone le basi per la costruzione di una nuova civiltà e società capace, secondo lui, di dover sopportare “solo” 1000 anni di interregno oscuro prima della rinascita. Siamo lontani nel tempo e nello spazio dalla Terra – per ora – in una Galassia governata da una stirpe che si autoclona e si perpetua in uno strano rapporto dove, contemporaneamente, troviamo lo stesso imperatore in tre corpi di età distinte: Fratello Alba, Fratello Giorno, Fratello Tramonto. Capite bene che, già a partire dall’incipit, si nasconde una difficoltà di fondo davvero insormontabile: portare, attraverso una serie televisiva, un trattato socio-antropologico del futuro che analizza, come fatto dai romanzi, quello che il nostro mondo potrebbe affrontare in un avvenire lontano con anche possibili soluzioni. Goyer decide quindi, con le prime due puntate, di tessere inizialmente due linee temporali: una che segna l’inizio del piano di salvataggio dell’Impero; l’altra collocata 35 anni dopo, con le ricerche già avviate. L’opera è priva di qualsivoglia introduzione tediosa e prolissa e anzi, sceglie coraggiosamente di sviluppare la narrativa pezzo dopo pezzo, facendo parlare i personaggi e gli avvenimenti, redendo viva la materia trattata. Ciò consente, in ambito narrativo, di affrontare tematiche complesse senza però rinunciare alla spettacolarità e ad un ritmo sostenuto che corre veloce sin dalle prime puntate, creando fascinazione nel pubblico e promettendogli un futuro roseo per i prossimi episodi. Da contraltare a questo copione dinamico e pulsante, una maestosa componente tecnica ed estetica che non tradisce l’alto budget investito, ma anzi lo valorizza appieno, promettendo sogni fantascientifici che anni fa la televisione nemmeno poteva ambire. Ciò che stupisce, al di là della magnificenza artistica e del brillante studio estetico di ogni piccola particella dei pianeti presentati, è la varietà incredibile di ambienti, effetti di luce, situazioni e colori che Fondazione presenta agli spettatori, adattandosi in modo camaleontico ad ogni singola sfumatura che la narrazione gli ha fornito.
Da Dune a Fondazione: Sci-Fi, filosofia e antropologia
Oltre il futuro
La fantascienza è uno dei generi più amati dalla narrazione audiovisiva. Uno delle sue produzioni più belle è Battlestar Galactica, remake di una serie degli anni ’70, che ha nettamente superato l’originale di partenze per capacità di racconto. Impossibile citare tutto l’universo di Star Trek che fra film e serie tv costituisce un media franchise al pari di Star Wars e del Marvel Cinematic Universe. Certo poi ci sono dei vari e propri partiti fra i fautori di Kirk o i partigiani di Picard. Comunque, impossibile non cedere al fascino del “dottore”. Doctor Who, che in Italia, in maniera inspiegabile, non ha avuto la distribuzione adeguata che meritava, è una delle serie di fantascienza migliori ed atipiche mai realizzate con dieci stagioni all’attivo e divenuto vero fenomeno di culto in ogni paese dove è stato trasmesso.