Non serve la paura, servono giardinieri della fiducia.

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Fiducia. Questa è sempre stata una parola chiave in ogni tempo, ma ora, proprio ora, nel mondo affetto da una grave pandemia come un secolo fa con l’influenza spagnola, sta diventando e sarà un asset essenziale nel mondo della comunicazione e quindi di tutte le attività.
La pandemia sta accelerando quel processo che era già stato rafforzato con l’avvento dei social media, ma che era nato col superamento delle logiche pubblicitarie entrate in crisi nella fase di fine millennio, un periodo che potremmo definire in maniera molto approssimativa come la fine dei testimonial e l’ascesa degli influencer.

Il neotribalismo di Maffesoli

Naturalmente questo è un claim che racchiude un periodo di oltre un paio di decenni con alterne vicende, ma che pone al centro un cambiamento sostanziale che si può racchiudere in un altro claim, la fine delle audience e il sorgere delle community. Già negli anni ’90 l’antropologia, in particolare gli studi del francese Michel Maffesoli, e le altre scienze della comunicazione avevano iniziato a parlare di neotribalismo in relazione alla creazione di aggregazione online. Siamo ancora lontani dai social network per come li conosciamo oggi, Facebook arriverà nel 2004, per ora c’è un uso molto esteso delle BBS e dei canali di chat a tema. C’è una fortissima voglia di interazione che non si esaurisce nel solo scambio di informazione, ma in quello che è l’essenza stessa della comunicazione: la relazione.
Dove c’è relazione c’è fiducia.
Oggi, oltre 20 anni, questo scenario è trasferito nei grandi brand mondiali senza nessuna difficoltà, ma sta per affrontare un nuovo salto in avanti, necessario se si vuole sopravvivere. Il brand non può più accontentarsi dell’awareness, ma deve passare a creare una relazione di fiducia col suo consumatore, che diventa un nuovo tipo di collaboratore, oltre la figura dell’ambassador per come o abbiamo visto fino ad ora. Proprio nei momenti di crisi, come quello che stiamo affrontando oggi con la pandemia del Covid 19, le persone hanno voglia di tornare ad essere persone.
Oggi sentiamo sempre parlare di contagi, di positivi, di terapie intensive. Nell’epoca dello storytelling ogni settore non può dimenticare che ognuno di queste voci è composte da persone che sono tante storie insieme. I brand, le imprese, i professionisti, che sapranno concentrarsi su questo aspetto, con l’aiuto degli strumenti della comunicazione professionale, avranno un forte impatto sui consumatori. La paura genera diffidenza, però genera anche una necessità di fiducia. L’essere umano ha bisogno di fiducia, perché la comunicazione e la relazione è una necessità fisiologica.

La S-fiducia è ovunque

In questo momento noi stiamo vivendo un enorme deficit di fiducia a causa delle dinamiche innescate dalla pandemia. Non si tratta di una questione medica, ma si sa come la s-fiducia sia virale seguendo il famoso detto “fa più rumore un albero che cade in una foresta che una foresta che cresce”.

C’è un senso di sfiducia in ogni settore della popolazione perché c’è un forte sentimento di incertezza e paura. Gustave Le Bon, uno dei primi a studiare la psicologia della folla scrisse: Il bisogno di certezza è sempre stata più forte del bisogno di verità. Alla stessa conclusione arrivo anche il rumeno Cioran che vedeva l’uomo più impegnato a cercare certezze che verità. Questo perché la paura è una componente fortemente dominante e contagiosa negli esseri umani. Una questione fortemente “emotiva” che poi domina tutti i comportamenti. Compresi quelli dei consumi! A che perché è necessario ritrovare un patto di fiducia.

Giardinieri della fiducia

La fiducia è qualcosa che va aiutata e coltivata. Proprio per questo il modello delle community e degli influencer diventa in questo momento più forte. C’è una necessità di prossimità, di vicinanza ed il testimonial è qualcosa di lontano, anche se è una personalità forte. Però l’influencer genera un maggiore engagement nella community, ecco perché la creazione stessa delle community, estensione e figlie delle nuove tribù di Maffesoli, sono più coinvolgenti e soprattutto generano fiducia.
La strategia dei new media è necessario per ogni attività nella generazione e coltivazione della fiducia. Un’operazione che non può attendere la fine delle operazione dei vari DPCM che stanno disorientando le persone. E’ necessario essere giardinieri della fiducia e non farsi governare dalla paura e dal bisogno di certezze. Per questo però c’è bisogno di stabilire un legame più profondo con una nuova comunicazione, che non riguardi solo le imprese ma anche la politiche e si allontani dalle logiche del populismo che in realtà usa sempre gli strumenti della paura.

Community e Comunità

La Comunità, intesa come nazione, come corpo di popolazione, è fortemente divisa in community e tribù, oltre il tasso usuale. Questa divisione è terribilmente dannosa per tutte le attività produttive! Quando si dice attività produttività si parla anche di tutti quelli che vi lavoravano. Il mondo della ristorazione, ad esempio, non è fatto solamente di proprietari o grandi chef, ma di aiuto cuochi e camerieri. Gli esempi sono tantissimi e riguardano tutta la comunità. Serve parlare alle varie community e va fatto seguendo un piano di comunicazione che abbia una strategia precisa e che non sia in preda ad una schizofrenia alimentata dai sondaggi! Per questo è più necessario un giardiniere della fiducia che una pubblicità, perché si tratta di  un’operazione lunga ma necessaria, anzi imprescindibile. La pandemia sta portando un fortissimo shock di fiducia delle persone verso tutte le autorità e questo rischia di essere davvero critico. Il pericolo è quello di non saper parlare alle community e quindi di conseguenza neanche alla Comunità. Come si fa ad immaginare un futuro se non si è in grado di comunicare? Una domanda che tutti devono porsi.