Essere IN Errore o Essere UN Errore?

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Recentemente mi capitano spesso di leggere ed incontrare cose che riguardano l’imperfezione. Naturalmente sul tema mi viene sempre in mente l’autobiografia di quella donna e scienziata straordinaria che è stata Rita Levi Montalcini che si intitola Elogio dell’imperfezione:

L’imperfezione ha da sempre consentito continue mutazioni di quel meraviglioso e quanto mai imperfetto meccanismo che è il cervello dell’uomo. Ritengo che l’imperfezione sia più consona alla natura umana che non la perfezione.

Però la il brano che ho trovato non è questo ma quello che segue.

 

La rinascita interiore
di Pema Chodron
(monaca buddhista statunitense)

Cercare sicurezza o perfezione, gioire nel sentirsi rafforzati e completi, autonomi e a proprio agio, è una specie di morte.
Non entra aria fresca.
Non c’è spazio per far entrare qualcosa che interrompa tutto questo.
Stiamo uccidendo il momento controllando la nostra esperienza.
Così facendo ci prepariamo al fallimento, perché prima o poi ci capiterà qualcosa fuori dal nostro controllo…[…]

L’essenza della vita è di essere una sfida continua.
Talvolta è dolce, talvolta è amara.
Talvolta il vostro corpo è teso, talvolta si rilassa e si apre.
Talvolta avete mal di testa, talvolta vi sentite sani al cento per cento.
Da una prospettiva consapevole, cercare di sistemare tutte le pendenze e riuscire finalmente ad avere ogni cosa al suo posto è la morte, perché implica il rifiuto di molta della nostra esperienza di fondo.
C’è qualcosa di aggressivo in quell’approccio alla vita, nel cercare di spianare tutti i punti accidentati e le imperfezioni e trasformarli in un tragitto piacevole e senza scosse.
Essere completamente vivi, completamente umani e completamente risvegliati significa essere continuamente buttati fuori dal nido.
Vivere completamente vuol dire essere sempre nella terra di nessuno, vivere ciascun momento come qualcosa di completamente nuovo e fresco.
Vivere significa essere pronti a morire in continuazione.
La morte è voler conservare quel che si ha, volere che ogni esperienza vi rafforzi, vi faccia i complimenti e vi faccia sentire davvero in gamba.
Vogliamo essere perfetti, ma non facciamo altro che vedere le nostre imperfezioni, e non c’è spazio per fuggire da lì, non ci sono uscite, non c’è un posto in cui scappare….

La perfezione. Questo ideale irraggiungibile che è continuato citato in ogni angolo del nostro immaginario. Pensate per un attimo è quanto volte ricorre la parola “perfetto” nella narrazione dei media e successivamente nei nostri discorsi ogni giorno. Ci credo poi che ne siamo ossessionati ed abbiamo paura del cambiamento scegliendo il banale come diceva in un altro post! 

Ragionare di imperfezione mi ha portato a pensare all’errore. Tutti noi facciamo errori.
Quel meraviglioso inventore di favole che era Rodari diceva “Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio, la torre di Pisa.”

A volte ci sbagliamo, siamo in errore e a volte la cosa più difficile è rendersene conto e soprattutto chiedere anche scusa quando facciano del male agli altri coi nostri errori. Il “paesologo” Franco Arminio scrive:

Ho fatto tanti errori
nella mia vita.
Questo ognuno di noi lo dice,
quello che non sappiamo dire è questo:
ho fatto tanti errori
nella vita degli altri.

Quante volte però non riusciamo a fare quel passo in più e diventiamo prigionieri di noi stessi.

Jung scrisse: Chi evita l’errore elude la vita.

Magari quello che dovremmo capire è che la vita stessa è un errore. Magari quella scintilla primordiale, quel bing bang, quell’origine di tutto, è stato un errore. Non è una questione di bene o male, ma capire che senza errori non c’è vita. Lo so che sembrano solo parole ma provate a pensare ad una malattia. Lo so che in tempo di Covid dovrebbe essere facile. Pensate alle malattie che hanno un follow up, spesso tutta la vita perché diventano croniche, oppure quelle dopo i trapianti. Chi non ci passa in mezzo raramente si ferma a pensare alla dimensione psicologica che portano con sé. E’ enorme. La guarigione stessa non è mai una guarigione veramente completa. Chi ha vissuto quella malattia terribile che si chiama depressione sa di cosa parla. Quell’orribile sensazione di sentirsi inadeguati, non adatti, sbagliati. I termini sono tantissimi. Certo le morali religiose ci insegnano che a perdonare. Però qui è diverso. Nell’antichità se n’era accorto già  Plutarco: “Dio è la speranza del forte, e non la scusa del vile. Noi siamo tutti impastati di debolezze e di errori: perdonarci reciprocamente le nostre balordaggini è la prima legge di natura.”

La malattia porta a misurarsi costantemente con una dimensione in cui ci si sente sbagliati, in cui si vive solamente per poter tornare ad una vita che difficilmente sarà quella di prima. Si vive nell’errore di essere un errore rispetto al resto del mondo. 
L’ossessione della perfezione e del controllo è una delle più grandi malattie che l’essere umano si porta con sé. Insieme al continuo ed eterno rimpianto per il passato e per credere che prima si stava meglio o che altrove sia un meraviglioso paradiso. In questo modo non si accetta mai del tutto l’altro e se stessi. Sembra di vivere però in un eterno presente dove però non succede nulla perché non c’è la volontà di cambiare. Chi vive la malattia è costretto al cambiamento. Non è un’opzione. Le cose non saranno più le stesse. Può solo fare una cosa che gli esseri umani hanno nel DNA da quando erano nelle caverne: adattarsi per sopravvivere. Tutto questo perché per lui controllo e perfezione sono impossibili. E per gli altri invece lo sono?
Il mio cervello è nato con un errore. Ad un certo un altro errore chiamato tumore è stato quello che ha fatto scoprire il primo. Eppure sono qui. Sto cercando di adattarmi. Non è facile. Chiedetelo a chi mi sta vicino che non so come faccia ancora a volermi bene eppure pare che me ne voglia ancora di più. Forse loro sono IN ERRORE. Spero di no. Non lo so. Quello che so è che IO SONO UN ERRORE e sono fiero di esserlo o almeno mi piacerebbe. Sto cercando di non essere più in prigione.