Daisy Jones & the Six non graffiano ed è un peccato

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“L’avevo detto che non valevano niente”. “Non è vero, sono bravi!” Questo è il classico duetto che sta accompagnando l’uscita di Rush, secondo disco della band romana dei Maneskin, quelli che sono partiti suonando sotto la metro a Roma e  poi hanno conquistato il mondo. Stavolta ci occupiamo di una serie che parla della storia di un gruppo musicale. Daisy Jones & The Six è basata sul romanzo best-seller di Taylor Jenkins Reid. Nel 1977, Daisy Jones & The Six sono sul tetto del mondo. Guidata da due cantanti carismatici – Daisy Jones (Riley Keough) e Billy Dunne (Sam Claflin) – la band è uscita dall’anonimato e ha avuto un grandissimo successo, ma in seguito a un concerto sold-out al Soldier Field di Chicago, sparisce nel totale anonimato. Ora, a distanza di decenni, i componenti della band hanno finalmente deciso di raccontare la verità. Questa è la storia di come una band iconica è implosa all’apice del successo. Io personalmente per la simpatia che ho per loro auguro ai Maneskin ancora successo.  Da Amazon Studios, Daisy Jones & The Six ha come executive producer Reese Witherspoon, che continua ad amare, visti i risultati fa bene dietro la macchina da presa.

Lo show racconta la storia di Daisy Jones & The Six: un gruppo rock diventato leggenda. I loro concerti hanno riempito gli stadi di tutto il mondo, le loro canzoni hanno infiammato le notti di un’intera generazione. La band è fittizia ma ispirata a fatti di cronaca reali. Siamo nel territorio ambiguo del mockumentary- La serie racconta dal principio l’origine della band e il suo scioglimento. Tramite la narrazione suddivisa in due distinte linee temporali scopriamo pensieri, emozioni e non detti dei vari personaggi della storia. Dal mito e dalla favola di un’ascesa folgorante, alle prime esibizioni nei locali underground e infine al successo planetario: tutto l’arco narrativo della band viene esplorato. Se esternamente sembrava fosse tutto rosa e fiori, sono i personaggi stessi a raccontare durante l’intervista che l’alchimia perfetta tra Billy Dunne, il frontman della band, carismatico e tormentato, e Daisy Jones, la splendida cover girl e cantautrice dal talento naturale, spirito libero e inafferrabile, era solo a favore di telecamere e fan. Infatti, il 12 luglio 1979, dopo un concerto memorabile, la bolla di finta stabilità del gruppo è scoppiata determinando lo scioglimento definitivo ed irreversibile della band. Le premesse iniziali dello show indicano che fino al momento delle interviste, che sono parte integrante della narrazione della serie, nessuno ha mai saputo il perché ed il come di tale scioglimento. Il tutto fino all’inizio della serie. Capitolo dopo capitolo lo show Amazon mostra le crepe nelle relazioni tra i personaggi. Mediante le testimonianze degli ex musicisti e manager, giornalisti e famigliari, la serie ripercorre le cause della rottura della band. Non tutte le testimonianze coincidono ma sta allo spettatore crearsi la propria idea fondendo i ricordi del passato con la versione attuale delle dichiarazioni dei protagonisti.

Impossibile negarlo: lo show Amazon presenta alcune piccole ma cruciali differenze con il romanzo dal quale è tratto. Forse questo per molti sembrerà la prassi ma per chi, come me, ha adorato il testo di Taylor Jenkins Reid, non è un aspetto trascurabile. Francamente è molto poco rock rispetto alla provenienza e col passare del tempo il risultato ne risente parecchio. I grossi cambiamenti più importanti consistono nell’eliminazione del personaggio di Pete, un membro dei Six e personaggio sì marginale ma pur sempre presente, che priva in sostanza la band del significato proprio del nome. I Six si chiamano così proprio perché i componenti attivi della band sono 6, nello show scelgono questo nome perché considerano parte integrante della band anche Camilla, la moglie di Billy. Altra grossa differenza tra romanzo e adattamento televisivo risiede nel fatto che Camilla si trasferisce subito a Los Angeles con la band e questo cambia decisamente il corso degli eventi narrati nella serie. Per chi non ha letto il testo non sa quanto certe scelte sono cruciali per i personaggi e quanto le stesse li abbiano forgiati; quindi, comprendo che molti non percepiranno cambiamenti. Credetemi: si nota la differenza e a mio avviso non è un pregio. I cambiamenti sono necessari in un adattamento ma questi erano tranquillamente evitabili, soprattutto quando lo show ha a sua disposizione 10 episodi per raccontare una storia che nel libro copre poco più di 300 pagine.

La serie Amazon sceglie di destinare molto spazio al triangolo amoroso tra Camilla, Billy e Daisy. Scelta comprensibile per un prodotto visivo ma non necessaria fino in fondo. Oltre metà dello show è destinato al triangolo. Nel romanzo meno della metà della storia ripercorre la crisi del rapporto tra Camilla e Billy, messa in atto con l’ingresso di Daisy. Devo anche aggiungere che lo spessore e il carattere di Camilla è stato ridotto eccessivamente. Per questo sono molto ma davvero molto dispiaciuta. Altra nota dolente concerne il lasso di tempo troppo breve che viene destinato alla formazione della band. I fatti vengono narrati a velocità fulminea. Quando si fa un adattamento delle scelte ed è essere “fedeli” è una scelta non necessaria, ma qui ci troviamo di fronte ad un meccanismo che non funziona, che non coinvolge, come invece il rock sa e deve fare. Un peccato perché le premesse perché potesse essere una serie cool e rock c’erano davvero tutte.

 

SERIE E MUSICA

Serialità e musica al livello narrativo non hanno un rapporto facile, anche perché una serie come Saranno famosi, anni ’70-’80, ancora viene ricordato, però qualche esempio c’è. Glee ed il suo Glee Club è una serie che è stata amata moltissimo dai teen e dagli young adult. Poi abbiamo Vinyl. I mutamenti sociali, l’industria musicale, l’ascesa del punk e del rock e la New York spumeggiante dei mitici anni ’70; su tutto questo e molto di più è incentrata Vinyl, ideata da Mick Jagger e Martin Scorsese, archiviata dopo la prima stagione nonostante le aspettative altissime. Sull’industria musical c’è anche Empire, serie total black. Una volta conquistato, il successo va difeso e mantenuto. Interessante e ben costruita nella sua prima stagione, con un cast che si fa apprezzare grazie a  Taraji P. Henson, Terrence Howard ed il rapper Xzibit.