Perché chi governa odia la cultura?

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Il 30 ottobre a Roma di fronte a Montecitorio i lavoratori dello spettacolo manifesteranno viste le disposizioni che impongono la chiusura di cinema e teatri per fermare il contagio del Covid. Eppure i dati dicono che la percentuale di contagiati nei cinema e teatri è prossima allo zero. La protesta però ha radici lontane. Resta l’interrogativo sul perché negli ultimi 20 anni, proprio con il cambio del millennio, chiunque sia andato al governo di questo paese abbia un problema con la cultura e lo spettacolo. Qual è il motivo? Forse da bambini li hanno scartati ad un provino?

Battute a parte tutte non è accettabile ogni volta parlare del glorioso passato culturale del nostro paese e poi fare tabula rasa di ogni possibilità. Si dice che la cultura non fa mangiare. Falso!
La manifestazione in realtà era già stata pensata ed organizzata da molti mesi ed è un caso che coincide con gli ultimi provvedimenti dell’ultimo decreto anti-covid.
Si chiede con forza una legge che riordini finalmente il settore, che garantisca diritti e welfare e sostegni fino alla normalizzazione.
Ovunque l’industria culturale ha un indotto forte, inoltre la produzione culturale di cinema, televisione, teatro ed editoria muove tanti addetti ed investimenti.
Inoltre dobbiamo pensare a come l’industria culturale sia anche il vero ambassador per il turismo su tutti i mercati, nazionali ed internazionali!
L’Italia è diventata un brand in tutto il mondo per le sue bellezze artistiche e la sua produzione culturali. La gente veniva e verrà anche dopo per vedere i nostri scavi, i nostri musei, pensando al nostro cinema, alla musica, ai libri che ha letto. E allora perché in ogni finanziaria gli investimenti pubblici sono sempre più irrisori e la possibilità di impresa ridotta al lumicino?
Cultura e turismo è un binomio ovvio, che funziona in tutto il mondo.
Pensiamo al cinema. Ogni volta che si gira un film o una serie tv sono soldi che vengono immessi nelle economie locali, visto che magari si va a girare in regioni diverse. Le esperienze delle varie film commission regionali testimoniano un nuovo tipo di impegno su questo fronte. Inoltre significa anche muovere gli investimenti nel mercato della pubblicità e della comunicazione, fondamentale per tutte le filiere produttive!
Il famoso brand Italia di cui molto spesso la politica parla è fatto di questo, ma è un brand che, come tutti i brand, deve essere mantenuto e fatto crescere! Non è possibile puntare solo sulla conservazione dei beni che si ha, cosa che neanche è veramente fatta visto lo stato dei nostri beni archeologici e culturali!
La cultura è ricchezza, con la cultura si mangia in tutto il mondo! Lo si è fatto anche in Italia, poi ad un certo punto si è lasciato che tutto questo si spegnesse.

A conclusione vorrei sottolineare che non ho sottolineato il valore etico dell’investire nella cultura, perché per me dovrebbe essere scontato. Purtroppo non è così! Si fa sempre un gran parlare di identità. E che vuol dire identità per chi continua a colpire la cultura e lo spettacolo? Solo un ammasso di rovine che prima diventeranno polvere. La cultura è il passato, il presente ed il futuro di questo paese, covid o non covid. Fra l’altro non dimentichiamo che un paese che non investe in cultura non investe neanche in ricerca scientifica ed in medicina. E allora la domanda viene di scatto, forte e spontanea: ma in che cosa sta investendo questo paese? Passata l’emergenza Covid che paese vuole essere questo? E soprattutto se non si aiuta a sopravvivere questi settori, che sono chiave, non resterà niente dopo.
I lavoratori di cinema e teatro protestano perché questo buio in sala non è il segnale che sta per iniziare una nuova rappresentazione, ma quello dell’ultimo spettacolo e non ci vogliono stare!