Chiara Sbarigia: una Cinecittà di artigiani e tecnologia

sbarigia
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sbarigiaC’è un incontro fissato, ancora senza ora e senza data, per trovarci, io sarò lì, puntuale, non so tu.”
Questa è una frase di uno dei grandi scrittori del secolo scorso: Julio Cortazar. E’ stato uno scrittore che ha avuto un momento di moda molto importante e quindi lo leggevamo sulle riviste, ne sentivamo parlare in tv e sui siti web. Chi ama la letteratura lo legge ancora, ma come tutto esiste la “moda”, un fenomeno di alternanza che ha le sue regole e che non è mai casuale. Un citazione che mi è sembrata un ottimo incipit nella versione per il blog dell’intervista con Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà. A posteriori la cosa che mi è piaciuto è quel senso di “complicità” che hanno quelli che stanno dietro le quinte, in questo caso è anche molto vero. il grande Frank Capra ha detto: “In questo settore, quella del sceneggiatore è la parte più difficile di tutte, è la meno compresa e quella che riceve meno attenzione“. Poi per fare un solo minuto di audiovisivo ci vogliono tante persone e tanta fatica.  La Fabbrica dei Sogni, come si è sempre chiamata, è cambiata e con Chiara ne abbiamo parlato.

BUONA LETTURA

 

Che le cose si siano svolte in questo modo è stato più che una coincidenza, è stata una catena.” A posteriori mi viene immediatamente questa frase dello scrittore svizzero Max Frisch mentre ripenso alla splendida conversazione avuta con Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà. Chiara verrà a Corigliano-Rossano per ricevere il Premio Ausonia per la categoria audiovisivi. Iniziando a parlare scopriamo che siamo entrambi “romani de Roma”, con un forte curriculum nel cinema, nella televisione e nell’industria culturale. Poi si viene a scoprire che io vivo a Corigliano-Rossano, dove Chiara non verrà solo per il premio Ausonia, ma perché qui è nato suo nonno! Già solo questo, insieme ad una visione condivisa dell’industria cultura, rende l’atmosfera quella di una chiacchierata fra amici.

Sia mio nonno che io abbiamo lavorato a Cinecittà. Cosa vuol dire dirigere un “organismo” come di questo tipo?

Cinecittà è un bellissimo posto, come tu sai bene. Io ho le deleghe culturali, quindi non ho la gestione dell’azienda che è dell’amministratore delegato dell’azienda e direttore generale. Io ho quindi la responsabilità dell’archivio. Io mi son tenuta rispetto agli altri presidenti passati un bel po’ di deleghe, una è l’archivio storico del Luce con cui si fa anche la produzione documentaristica, le mostre, i restauri eccetera, un’altra e il museo il MIAC – il museo che è stato aperto e chiuso ed ora io voglio riaprire – la delega della diffusione e la promozione del cinema all’estero e poi, quella che è una vera splendida e importante scommessa, cioè la formazione. Questo è il vero nodo gordiano. In troppi pensano che il cinema, diciamo l’audiovisivo in generale, siano attori, registi e sceneggiatori. Oggi c’è una richiesta fortissima di artigiani e tecnici e specialisti. Non abbiamo i tagliatori della stoffa, mancano i pittori-decoratori, quelli che lavorano il polistirolo, le plastiche, il ferro, manca tutto, dagli attrezzisti a molti operatori di questo settore. Questa è una grandissima sfida. E questa sfida Cinecittà la deve intraprendere al livello nazionale con i finanziamenti di un ministero nazionale, però poi bisogna essere legati alle film commission regionali e alle aziende.

sbarigiaCome è cambiata “la fabbrica dei sogni”, cioè l’idea che avevamo una volta di Cinecittà, nell’ideologia collettiva, fino a quella che è diventata oggi?

Prima di tutto oggi c’è un cinema fortemente fatto di specializzazione. C’è molta più osmosi anche come nelle e con le produzioni americane; quindi, ci sono nuove figure professionali che nascono e vivono sul set, mentre noi su questo scontiamo un certo ritardo. Il nostro è un cinema di artigiani, fra l’altro fortissimi. La cosa che abbiamo e la creatività italiana, che era l’arte di arrangiarsi, ad esempio se non c’era la pellicola, lo stesso Fellini la attaccava con lo Scotch e via così. L’altro giorno parlavo con Carlo Poggioli, mi raccontava siccome non c’erano tanti soldi per fare i ricavi su un certo film per fare i costumi eccetera, lui li ha dipinti. L’industria americana invece ci porta più di specializzazione, quindi ognuno ha un suo compito preciso e nascono delle nuove figure. La tecnologia ha cambiato tanto e anche il lavoro quotidiano delle troupe, per esempio, con la serialità industriali, come quella di Napoli, Un posto al sole, e Il paradiso delle Signore a Roma. Durante il Covid i reparti di lavoro, compresi quelli scrittura, erano separati da diversi colori in modo da garantire una sicurezza la più alta possibile. L’industria dell’audiovisivo è una delle pochissime che non si è mai fermata durante la pandemia. Mi viene da pensare proprio perché i sogni non si sono mai fermati.

Oggi l’industria audiovisiva in Italia sta aumentando. Secondo te riusciremo ad avere una situazione più stabile al meridione? Si, in Puglia abbiamo dei buoni numeri, ed ogni tanti ci sono delle situazioni buone altrove, però siamo lontani da quella parola che in economia è fondamentale, cioè sistema.

sbarigiaIo la vedo così, prima di stare a Cinecittà ho lavorato per 27 anni con i produttori audiovisivi. Ero il direttore generale dell’associazione, quindi me le son viste tante di queste cose qua. Allora secondo me le Film Commission locali hanno un ruolo importante; quindi, diciamo la Regione e tutto il sistema di ingaggio, compreso quello proprio sul territorio, evitando la retorica e cercando di essere organizzati ed organizzativi. Per esempio, la Calabria Film Commission è stata un po’ silente nel tempo. Una film commission deve essere disponibile e guardare le occasioni, come quando qualcuno vuole girare un poliziesco e cerca una bella location, un bel territorio, e così si realizza Montalbano. Come tu sai come l’industria audiovisiva è composta di una “filiera” e anche le film commission ne sono parte. Poi lavorare sulle commission vuol dire sviluppare delle professionalità e che è importante. Fare delle strutture, quindi la formazione è una parte importantissima, perché si possono creare, per esempio, dei veri e propri distretti con delle specializzazioni, per esempio noi in Italia siamo molto carenti di effetti speciali. Dobbiamo lavorare sulle figure specializzate del set e post cinema. Anche le industrie americane sono pronte ad investire, bisogna creare dei programmi che significano legami ed opportunità per entrambi.

Sono d’accordo, dobbiamo uscire da logiche veramente troppo vecchie. Anche sui prodotti. Pensiamo ad un prodotto come Sandman, serie tv e graphic novel di successo a livello mondiale. Però anche da noi c’è la crossmedialità. Pensò al Commissario De Ricciardi dell’amico Maurizio De Giovanni, che oltre ad una serie tv e anche una graphic novel che ha fra gli sceneggiatori un carissimo amico come Sergio Brancato, professore della Federico II a Napoli. Sei d’accordo?

Hai colto perfettamente nel segno. Questa conversazione porta dei punti importanti: aprire sulle nuove professionalità e aprire sui territori. La crossmedialità è una delle strade da percorrere, per combinare territori e professionalità. È necessario però essere sempre formati, informati e aggiornati e non sedersi comodamente sugli allori. Il made in Italy non è mai stato fatto di immobilismo.

 

Ringrazio particolarmente Chiara Sbarigia e non lo faccio per piaggeria, ma perché ho ritrovato quella visione che incrocia saperi ed esperienze lavorative, quella che continuo a perseguire e che sono contento che sia arrivata, meritatamente, ad un ruolo così importante. Complimenti per il Premio Ausonia.