Christian: Il Gesù di Corviale su Sky fa miracoli

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Il mondo è davvero cambiato e non ci si capisce più niente! Invito i lettori di Percorsi Seriali a stare tranquilli perché non parleremo di pandemia e complottismi, di profezie maya, di chiromanzia, culti esoterici, invenzioni fantascientifiche e di microchip al grafene sottopelle. Stiamo sul tradizionale e parliamo del ritorno di Gesù. Proprio così. Questo è uno degli elementi più importanti di Christian, la nuova serie tv in onda su Sky, tratta da una splendida graphic novel di Claudio Piersanti e Lorenzo Mattotti, ambientata nella periferia romana. Non è solo uno dei temi, piuttosto l’elemento più forte della logline e del pitch. Se non amate gli anglicismi le serie tv non sono proprio il mondo per voi. Se, però, volete capire se qui si parla di un nuovo Gesù andiamo avanti. Stiamo parlando di una serie che ha travalicato lo schermo – come fanno le serie di successo – tanto che lo street artist TVBOY, che è molto di più di un Banksy italiano come alcuno vogliono far intendere, gli ha dedicato un suo “pezzo”. Si fa presto a passare da cristo all’anticristo ed il confine per il territorio della blasfemia è sottile. Per alcuni. Una volta.

Da Godard a Christian

Alla fine del 1984 il maestro del cinema francese Jean-Luc Godard diresse “Je vous salue Marie”, film bello, complesso, con una sua delicatezza e forza mistica che raccontava di una nuova Maria, ragazza di periferia a cui un benzinaio annunciava che sarebbe diventata madre di un bambino miracoloso. Il film fu giudicato blasfemo dal Vaticano e fu al centro di una crociata moralizzatrice, dove lo stesso pontefice, all’epoca Giovanni Paolo II, chiese, in una cerimonia di trenta minuti, perdono alla Madonna per le offese arrecatele. Per Christian, ma anche per altre opere di finzione che lo hanno preceduto in questi quasi quattro decenni che usano setting narrativi religiosi, non c’è stata condanna del Vaticano. Oggi membri importanti del clero cattolico si distanziano più da chi, come alcuni movimenti novax usano la religione come strumento escatologico delle loro scelte.
Torniamo a Christian, che nel suo manifesto metto un crocefisso neon al posto della T del nome. La logline ed il pitch sono i primi punti di contatto che uno spettatore ha con una serie tv, anche col cinema. Semplifichiamo – parecchio – che sono le cose che attirano una persona. Christian è ambientato nella periferia di Roma. Sì e No. Oggi Roma, la seconda conurbazione più grande d’Europa dopo Londra, non è più considerabile una “città”. Corviale è Corviale. Un mondo a parte. Ribattezzato nel linguaggio pop il Serpentone perché si tratta di una costruzione unica e continua lunga un chilometro intero. Ricorda un po’ le scenografie del Blade Runner originale. L’urbanista Mario Fiorentino quando diresse un team di oltre trenta architetti aveva intenzione di realizzare un’utopia. Morì suicida e forse ha realizzato una visione del caos del futuro dove degrado urbano, criminalità, comunità di tante etnie, problemi sociali e molto altro convivono gomito a gomito.

 

Corviale non è Roma, non è centro, non è periferia. Corviale è Corviale

Qui vive Christian, picchiatore ed esattore per il boss locale, che ambisce a un lavoro meno sporco e più redditizio ma le sue richieste vengono costantemente ignorate da Lino. I due fra l’altro sono fratellastri, figli di Italia, una donna oggi in preda all’Alzheimer. Le cose peggiorano quando il nostro inizia ad accusare un atroce dolore alle mani, così forte da non poter più picchiare. Su quelle mani appaiono due stimmate, tanto che anche il medico-veterinario della mala rimane muto a vederle. Christian, in una sera qualunque, resuscita miracolosamente Rachele una prostituta tossica finita in un’overdose letale. La storia però è più complessa e fluida – aggettivo molto importante per il racconto. I poteri di Christian attirano l’attenzione di Matteo, un postulatore del Vaticano, ossessivamente in cerca di segni e conferme di un miracolo che cambiò la sua vita da piccolo e che è pronto a muoversi nella città-palazzo per smascherare colui che ritiene il peggiore e più improbabile degli impostori. La vita di Christian cambia ancora – complicandosi – quando risveglia la moglie di Lino dal coma in cui versava da anni. Nonostante il gesto lui sente minacciate le basi del proprio regno. Qualcuno è più potente di lui. Rachele, infatti, diventa la “manager” di Christian che fa miracoli a pagamento. Ormai in tutto Corviale è una celebrità. Una speranza. Matteo indaga su Christian con la speranza di avere risposte sul proprio passato che lo tormenta, facendo la conoscenza di Padre Klaus un inquietante sacerdote che nasconde molti, troppi segreti, e avvicinandosi a una verità che potrebbe sconvolgere la sua vita e quella del mondo intero. C’è anche un bel sottobosco criminale, con alcuni omaggi al cinema di genere, addirittura a Le Iene di Tarantino, con le chiacchiere mentre “i bravi ragazzi” giocano a carte al bar e la camera ci gira attorno. Christian è una serie tv italiana creata da Valerio Cilio, Roberto ‘Saku’ Cinardi ed Enrico Audenino per Sky Italia. Abbiamo degli ottimi interpreti, da Edoardo Pesce, David di Donatello per Dogman – film che andrebbe assolutamente recuperato – Claudio Santamaria, il Dandy di Romanzo Criminale è uno degli attori più versatili in circolazione, Lina Sastri, splendida attrice napoletana con una bella carriera alle spalle, più Silvia D’Amico e Giordano De Plano. Se vi sembra che vi abbia detto molto siete fuori strada. Christian è davvero ben condotto nella narrazione e con colpi di scena nei suoi piani narrativi. Christian, però, è soprattutto un’altra serie che mancava. Coraggiosa e curata nei dettagli, come Anna di Ammaniti, che non solo si rivela fuori dalle rotte tradizionali, ma mostra come il sistema della fiction italiana e della produzione in generale – parte da una graphic novel – può fare prodotti non comuni. Credo che, non dico cinque, ma dieci anni fa non fosse scontato. Una serie perfetta? No, perché le cose si possono sempre fare meglio, ma assolutamente da vedere in attesa della seconda stagione.

 

 

 

 

 

RELIGIONE SERIALE

La narrazione religiosa è argomento importante e anche il mondo della serialità lo tratto varie volte. Tre titoli. Il primo è una produzione molto famosa: The Young Pope. Paolo Sorrentino ha diretto Jude Law in quello che è un affresco di come il potere e le sue stanze segrete siano qualcosa di indissolubile nella natura umana, compreso quindi il rapporto col divino. Midnight Mass – ne abbiamo parlato anche qui – è un ottimo titolo su come alcuni revival religiosi nascondano elementi oscuri che spesso non solo non si vedono, ma non si vogliono vedere. Ramy è un titolo poco conosciuto in Italia, premiato però in Usa, che mostra un millennial, musulmano di seconda generazione, nel suo rapporto fra fede e realtà. Un dramedy con toni narrativi davvero notevoli, soprattutto per il tentativo di superare il dualismo fra fede e vita quotidiana, raccontando la vita.