I titoli su Battiato ed il rapporto media e social

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Ho letto e ascoltato alcuni titoli di media ufficiali e più importanti ed autorevoli sulla morte di Franco Battiato. Sono stati in pochi che hanno sottolineato l’impatto di questo straordinario artista. In molti lo hanno definito nel migliore dei casi un “mistico del pop”.
Le parole più di impatto sinceramente le ho sentite dal Presidente della Repubblica Mattarella: “Sono profondamente addolorato dalla prematura scomparsa di Franco Battiato, artista colto e raffinato che con il suo inconfondibile stile musicale – frutto di intenso studio e febbrile sperimentazione – ha affascinato un vasto pubblico, anche al di là dei confini nazionali
Ha ragione  presidente.

Mi sembra che Mattarella sia riuscito davvero a condensare il senso di smarrimento per la perdita di un maestro, non solo della canzone, che ha saputo coniugare anche nella sua vita sperimentazione ed innovazione, tracciando nuove vie, senza mai farlo per essere di richiamo o per apparire.
Battiato era pop? Si, ma molto di più.
L’etichetta di “mistico” mi sembra tanto un bollo per chi oggi si interessa di pratiche orientali. Sempre di più nel mondo. Chissà perché

Non mi stupisce  che proprio il mondo dei social dove le voci più diversi possibili abbia riempito di parole il senso di questa mancanza.

Come non mi stupisce questo atteggiamento di molti media ufficiali e anche di certi istituzioni, senza mai generalizzare naturalmente, che hanno sempre avuto timore di ciò che è diverso, avanguardia, alternativa. Un certo mondo è spaventato dalle potenzialità dei social tanto che deve urlare e terrorizzare per farsi ascoltare. Basta guardare le rassegne stampa e media incluse le pagine web e social dei media tradizionali. Come ho scritto precedentemente, una rivoluzione non si fa mettendo un sito web, ma cambiando la modalità di fare le cose. Un cambiamento che non è di oggi. Invece la paura sta pervadendo molti ambienti.
Mi ricordo quando iniziavano a parlare della rivoluzione digitale negli anni ’90 con pensatori come Derrick de Kerchove, Alberto Abruzzese – autore di tanti libri fondamentali fra cui Analfabeti di tutto il mondo uniamoci nel 1996 – e altri. Quando le scienze sociali si interrogavano insieme agli scrittori e agli artisti sugli scenari futuri. Senza paura. Se non si capisce si studia, si indaga, si sperimenta.

A chi, poi, ripete sempre la frase di Umberto Eco sulle legioni di imbecilli dei social che ormai è un refrain stanco e svuotato e che francamente non fa onore al semiologo piemontese,  ricordo che prima la stessa dinamica era espressa da frasi come “l’ha detto la tv” o “l’ho letto sul giornale”.

Fa davvero così paura confrontarsi in una rete dove le differenze non vengono da posizioni verticistiche imposte ma alla fine dai contenuti stessi, buoni o cattivi, belli o brutti, che siano. Dipende dalla capacità e dal modo di esprimerli. Se ancora non abbiamo capito la lezione di McLuhan con Medium is the message siamo lontani dalla post-modernità o modernità liquida come dice Baumann.

Le azioni umane non vanno derise, compiante o detestate: vanno comprese.”
Questa frase andrebbe ricordata sempre. È di Baruch Spinoza, filosofo straordinario.
L’ho trovata citata su un social e presa da un sito.
Come un’altra di Nabokov:

La curiosità è la più pura forma di insubordinazione”.

Chiudo qui come ho iniziato, con Franco Battiato.
E ti vengo a cercare
Perché sto bene con te
Perché ho bisogno della tua presenza.

Nella versione del concerto di Baghdad del 1992.