Alessandro Cosentini,: “UCCIDIAMO IL RE:

Alesssandro Cosentini
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Alesssandro Cosentini

Sigmund Freud scrisse che erano le opere che più di tutti avevano influenzato la storia della letteratura, Edipo Re di Sofocle, Amleto di Shakespeare ed I Fratelli Karamazov di Dostoevskij. Tutte e tre con il medesimo argomento: il parricidio. Argomento che è la base della trama della black comedy UCCIDIAMO IL RE, di Massimiliano Aceti, proprio con Massimiliano Aceti e Alessandro Cosentini, che saranno il prossimo 23 febbraio al Teatro Paolella di Corigliano Rossano. Un testo che si rifà alla commedia all’italiana come registro, ma che affronta sul palcoscenico anche un tema serio come il cambiamento nella nostra società. Abbiamo incontrato i due protagonisti.

Com’è nato UCCIDIAMO IL RE Massimiliano, lo chiedo a te che sei l’autore del progetto?
Alessandro mi aveva chiesto di scrivere un e a due, diciamo per me e per lui, una bella sfida e siccome io e lui siamo in scena, abbiamo una bella chimica, siamo molto rodati a lavorare insieme, ho creato la storia di questi due fratelli che hanno vissuto sempre sotto il braccio duro del padre, siamo così con questo padre padrone, che, nonostante adesso sia in tarda età continua a gestire le loro vite come le ha sempre gestite tenendoli sotto scacco. Questi due fratelli, ognuno con la sua diversità, tentano di prendere il posto del padre alla guida di questa di questa azienda e desiderano di farlo in un modo diciamo molto particolare. Altro non possiamo dire perché altrimenti faremmo spoiler della storia, però possiamo dire che abbiamo voluto lavorare sui registri della commedia all’italiana stile Monicelli e della Black Comedy.

 

Avete voluto affrontare il tema del cambiamento attraverso dei registri che potessero arrivare in maniera più diretta alla gente?

Alesssandro CosentiniPotevo dirti che si tratta di dramma generazionale, ma voglio sottolineare che si tratta di questi genitori, dei nostri genitori che sono diventati la classe dirigente, diciamo scalzando i nostri nonni, però che adesso no, non ci permettono a noi di diventare classe dirigente, di farci le ossa veramente.  Se vediamo anche la politica siamo governati da personaggi di cica ottant’anni e non solo in quel settore. Alla fine ci chiamano ancora giovani, ma io sono vent’anni che faccio questo mestiere e mi chiedo cosa vuole dire essere giovane, soprattutto vedendo anche miei coetanei che sono maturi per avere delle occasioni più importanti, però queste possibilità non ci sono.

 

Per te Alessandro qual è la causa di questo problema?
Sicuramente è questione di sistema. Il parricidio alla fine c’è sempre, aspettando che il maestro vada via lasciando il posto ad un altro, ma oggi chi prenderà il posto del prossimo maestro? Abbiamo sempre viste come i giovani si siano ribellati contro questo, però i risultati non sono stati sostanziali. Oggi invece siamo di fronte ad un cambiamento diverso. Io vedo quelli della mia età e anche più giovani che non sono più disposti. In questo ci ha cambiato il COVID. La pandemia ci ha fatto rendere conto che tutto poteva finire da un momento all’altro e che non era detto che sarebbe tornato come prima. Siamo stati educati all’accumulazione dei soldi e ad altri valori che si sono frantumati di fronte al Covid. I ritmi, le prospettive, insomma, anche le nuove consapevolezze, rispetto pure a quel discorso banale di lavorare a casa, cosa che avremmo potuto iniziare già a pensare parecchi anni prima del Covid.

 

Sono d’accordo. Inoltre, parliamo di qualcosa con cui dovremo convivere a lungo e che non è ancora del tutto finito. Massimiliano tu come rappresenteresti il Covid se dovessi scrivere qualcosa sull’argomento?
Beh, sicuramente chiusi in una stanza. Ambientato probabilmente a una storia dentro ad una stanza dove boh, piano piano, sale l’angoscia. Partirei dalle diverse esperienze di ognuno di noi, tanti spunti da sviluppare sul insomma, per una storia sul palcoscenico, anche appunto giocando attraverso il linguaggio teatrale. E però sì, lo ambienterai dentro una stanza.

 

Alessandro qual è secondo te un elemento importante per superare questo impasse della trasmissione del “potere”?
Per me la cosa che dobbiamo fare è cominciare a comprenderci. Il dialogo è lo strumento più importante che abbiamo. Dobbiamo lasciarci molto alle spalle, senza dimenticare la memoria, però è il momento di dire basta con certi discorsi che sanno di ripicca e di posizioni arroccate e capire che se non cambiamo non abbiamo futuro.

 

Entrambi avete affrontato tematiche sociali importanti. Tu Alessandro sei stato protagonista di “Lo Sport Nazionale”, un corto sulla ludopatia che avuto molto successo, vero?
Questo progetto non è nato non pensando subito di affrontare questa tematica. Per un periodo sono insomma sono tornato a Cosenza  e ho iniziato a crearmi dei rapporti di lavoro. C’era un mio amico sceneggiatore che stava proprio affrontando questo problema e dalla sua esperienza siamo partiti. Ho fatto conoscere Andrea Belcastro, il regista, a questo mio amico ed abbiamo fatto una squadra tutta calabrese che ha realizzato che ha avuto molto successo nei festival, grazie anche ad un finanziamento della film Commission regionale. C’è stata molta professionalità e si è creata una piccola società che sicuramente può e farà belle cose in futuro. Inoltre la ludopatia è un argomento con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, basta andare in qualsiasi tabacchi o vedere persone con il proprio smartphone che giocano spendendo molti soldi.

Massimiliano tu invece hai lavorato in La Rivoluzione delle Sedie, che affronta il tema della disabilità in maniera davvero particolare, vero?
Siamo andati in questo supermercato e vedevamo che i cassieri stavano in piedi per turni interi e ci dicevano che era la policy aziendali perché così erano più attenti. Da lì il pensiero era partito per questa commedia era partita come fosse un si denuncia sociale. Quindi di uno che voleva stare seduto e parlandone appunto con l’altro autore che è Matteo Nicoletta e con la regista che è Barbara Alesse. Abbiamo iniziato a pensare a come capovolgere la situazione, abbiamo messo questo cassiere seduto perché sta su una sedia a rotelle. Qui nasce l’invidia di tutti gli altri che devono stare in piedi e ed è nato poi uno spettacolo che invece andava a parlare della disabilità ed è stato travolgente. Abbiamo avuto anche il patrocinio della Lega italiana disabili perché per la prima volta dice in scena c’è un personaggio del disabile. Non è stereotipato come lo vediamo, ma in realtà ha il carattere di un cattivo, di un ambizioso, che riesce a diventare direttore sfruttando il senso di colpa degli altri.

 

Anche queste due esperienze rendono i protagonisti ed interpreto di UCCIDIAMO IL RE, due artisti che lavorano sulla realtà restituendo delle interpretazioni assolutamente interessanti e da non perdere, il 23 febbraio al Teatro Paolella di Corigliano Rossano.