La Ventura di Simona e Pittarosso

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Da un paio di giorni Simona Ventura è tornata in tv. Nel peggiore dei modi possibili. In maniera imbarazzante persino per questo paese, che digerisce, aiutato da pesanti dosi di psicofarmaci, il peggio. Ieri sera ho visto per la prima volta lo spot di Pittarello con la showgirl e ho provato un enorme imbarazzo per lei. Sappiate che a me non sta per niente simpatica, anzi se in un giro di zapping la becco, passo oltre. Eppure ieri sera era troppo anche per una come lei.
Lo spot non è solo brutto, è oltre, e chi ne esce sconfitto non è Pittarello – Pittarello Rosso – Pittared, almeno non solo, ma proprio la Ventura. Un paio di settimane mi hanno invitato allo IED per la presentazione di Storia della pubblicità italiana di Vanni Codeluppi. Una bella discussione seguite con delle chiacchiere a margine anche con Alberto Abruzzese, che rivedo sempre con piacere, essendo stato mio relatore. Quello che ne è venuto fuori è una convinzione che oramai è irrinunciabile: Non può esistere pubblicità, Adv, o comunicazione, al di fuori dello stream degli eventi, della narrazione della realtà. Un pensiero condiviso da un’interessante thread su Fb con Stefania Boleso all’indomani del selfie dell’oscar.
Stamattina vado in edicola, non la solita perchè sono fuori e c’era Simona Ventura sulla copertina di Gente con una foto grande. Il titolo era: Guardate come è ringiovanita!” Ma non è tutto, perché c’era anche una dichiarazione, o un sunto dell’intervista che recitava così: Ho ridotto il seno. Ho perso sei chili. Ho eliminato tutte le rughe.
Fossi la Ventura licenzierei subito chi si occupa del suo brand. E’ chiaro che questo è un tentativo di farla entrare nuovamente nello stream degli eventi, ma questa è la morte di un vip. Sotto c’è la dichiarazione che oramai è avanti con gli anni e che è ricorsa, nuovamente, al chirurgo. Sembra il tentativo di distruggere il brand della Ventura, che fra ieri e oggi è stato derisa in ogni luogo della rete, social network inclusi, con Selvaggia Lucarelli che ha descritto la marea rossa di Pittarello come un’improvviso mestruo che invade la città. Io opterei per le scie chimiche grilline. Forse la Ventura ha davvero un chip nella testa.
E Pittarello? Questa catene di negozi di scarpe di livello medio-basso come ne esce? Non bene. L’azienda dallo scorso anno ha iniziato un grande piano di apertura punti vendita in tutta Italia. Capisco perché prendere la Ventura, un personaggio pop per entrare negli schermi di più persone possibili. C’è un grande “ma”. Ma se si distrugge il testimonial il prodotto non ne esce bene. Ci sono poi degli errori grossi, come la triade di nomi che ricorre, Pittarello – Pittarello Rosso – Pittared. Non è molto chiaro quale sia l’identità dell’azienda e non si avvicina minimamente allo storytelling. “Scarpe a più non posso” non sta ad evocare un’idea forte e in pochi credo si siano accorti che il ritmo sottostante ricorda l’Haka degli All Blacks, la squadra neozelandese di rugby, già usata dalla Fiat. Anche dal PD di Bersani sotto elezioni e sapete che fine ha fatto.
Per non parlare di quando la stessa Simona dice “Te lo dice la Simona in rosso” ed è vestita di bianco, ha solo le scarpe rosse. Sembra di assistere ad un guerrilla marketing contro se stessi. Non so chi sia l’agenzia di riferimento, ma certo che stavolta sono riusciti a fare un pessimo lavoro.
Sicuramente lo spot ora verrà rimontato, soprattutto nella versione da 5-7 secondi, quella che va negli spazi in corso sugli eventi sportivi. Eppure mi riveniva in mente il libro di Codeluppi e alla pubblicità italiana che fino agli anni 60, è stata una bella storia, con delle punte anche a livello mondiale. Cosa è successo?
Se si vuole comunicare bisogna raccontare e questo credevamo, noi che della comunicazione ci occupiamo, fosse un dato acquisito. Forse lo è, ma nella maniera sbagliata.
Come finirà? Pittarello manterrà la sua clientela, alla fine con le difficoltà economiche servono negozi che lavorano sul low cost. La Ventura farà altri programmi, ma qualcuno le canticchierà “scarpe a più non posso” dietro – in rete ci sono già le prime parodie. Certo la sua brand reputation e il suo valore come testimonial, volgarmente “quanto prende a campagna”, non credo saliranno. Anzi.