Pinocchio: il burattino che si muoveva da solo

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Io non credo che quando nel 1881 la casa editrice fiorentina Libreria Editrice Felice Paggi dava alle stampa il libro per ragazzi Le Avventure di Pinocchio di Carlo Lorenzini, nome d’arte Carla Collodi si rendesse conto di aver pubblicato uno dei testi italiani in assoluto più famosi al mondo. Troppo spesso il testo da alcuni soloni del “culturame” italiano lo definiva letteratura per ragazzi, bollandolo come qualcosa di basso livello, di valore più scarso. Un vizio che ogni tanto capita a chi non considera mai che le forme sono il loro stesso contenuto, che il medium è il messaggio, come diceva il buon McLuhan. Questo stesso vizio lo ha avuto qualcuno anche all’indomani del 1972 quando la Rai mandò in onda Le Avventure di Pinocchio per la regia di Luigi Comencini, non sapendo che si trattava di una delle produzioni televisive italiane più di successo nella storia della televisione, resa immortale anche dal tema musicale di Fiorenza Carpi che per un periodo fu anche suonerie di molti smartphone.

La storia delle vicende di Pinocchio è storia di un viaggio avventuroso, picaresco, che mescola tradizioni letterarie di generi differenti fra loro, da quello per l’infanzia a quello d’avventura fino a quello di formazione, per ottenere quel risultato che ha visto trasposizione visive che vanno da quella sovietica del 1939 fino a quelle degli Stati Uniti, Disney compresa, passando per un’intera serie tv di anime giapponese. Non solo trasposizione, ma anche citazioni! Il burattino di legno che sogna di essere bambino è riferimento conosciuto dai bambini di ogni angolo del globo.

La storia è quella del falegname Geppetto che si costruisce un burattino di legno, a cui dà il nome di Pinocchio, per colmare la sua solitudine, la sua mancanza di un figlio. La Fata Turchina, sua protettrice lo trasforma subito in un bambino in carne ed ossa, facendosi promettere che sarà un bambino “per bene”, ubbidiente e studioso, bastone della vecchiaia del suo genitore. Siccome il bambino, che ha conservato il carattere vivace e ribelle del burattino, ne combina di tutti i colori, la Fata lo fa tornare di legno per punirlo. Le trasformazioni si succederanno più volte e, una volta, Pinocchio diverrà persino somaro. La vicenda termina un poco prima del libro, cioè quando Geppetto e Pinocchio escono dal ventre della Balena: quasi un ritorno alla vita, una presa definitiva di contatto con la realtà. Questo è una sorta di riassunto del riassunto, perché sono davvero tante le “avventure” ed i personaggi, come Lucignolo ed i compari il Gatto e la Volpe, protagonisti anche di una canzone di Edoardo Bennato.
Nel 1970, la RAI mandò in onda un suo lavoro in sei puntate che si chiamava I bambini e noi. Luigi Comencini con il suo microfono con il filo, oggi da considerarsi arcaico e la sua macchina da presa andò in giro per le città italiane, ma soprattutto nel meridione d’Italia, a caccia di storie di ragazzi, poco più che bambini, al fine di descrivere le loro condizioni di vita, il lavoro minorile e il loro rapporto con la scuola. Era un esperimento all’epoca, una novità, quella di fare diventare i minori, alcuni dei quali vivevano nel disagio, protagonisti assoluti di sei ore e passa di trasmissione. Comencini è stato uno dei migliori narratori del mondo dell’infanzia, uno di quelli che ha saputo anche rompere quel tabù di un periodo che per la tradizione sembrava essere solo gioia è spensieratezza. “Incompreso” e “Voltati Eugenio” hanno saputo raccontare le atmosfere drammatiche della pre-adolescenza e porre l’accento su un’età che meritava certamente attenzione e soprattutto un’attenzione diversa, soprattutto rispetto dei bambini come soggetti.
Pinocchio è un classico racconto di crescita, in cui l’egoismo infantile si lega alla naturale sfrontatezza e ad una ribellione nei confronti di ogni ordine costituito, sia esso famiglia, scuola, potere e qualsiasi altro venga in mente. Il racconto che vede al centro il burattino che diventa ragazzino è quindi un racconto di depurazione, di crescita e di miglioramento. Un percorso difficile in cui il superamento progressivo delle prove o il suo non superamento diventano altrettante fasi di presa di coscienza. Pinocchio è un racconto morale sulla devianza sociopatica, ma anche un romanzo sul potere avere un’altra possibilità ed è quindi anche un resoconto di possibili errori che si commettono nella vita e sulle loro conseguenze. È anche un romanzo sull’attenzione che va rivolta all’infanzia, un po’ i bambini che ci guardano e ci giudicano e l’avere scritto il racconto e girato il film è già prova di questa attenzione. Collodi, come Comencini vuole bene al suo minuscolo protagonista e come in un racconto tra il biblico, l’epico e il picaresco gli fa attraversare molte prove, come Ulisse, si trasformerà in animale, non in maiale, ma in asino, come Giobbe finirà nella pancia della balena, come Alice incontrerà animali parlanti dotati di una certa cattiveria e come ogni bambino cercherà sua madre che vive sotto le spoglie amorose e protettive di una fata che coprirà le sue malefatte e dall’altra parte il padre, il poverissimo Geppetto che sembra essere, con questo nome il padre putativo di questo burattino, insolente, credulone e sfaticato, ma in fondo dotato di una bontà che scoprirà tutta insieme e tutta intera alla fine del suo lungo peregrinare. Il cast è straordinario, dove il piccolo Andrea Balestri è il fil rouge di un grande Nino Manfredi nei panni di Geppetto, Gina Lollobrigida come Fata Turchina, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia come Gatto e la Volpe, Vittorio De Sica come giudice, il grande Lionel Stander come Mangiafuoco e davvero molti altri. Oggi questo capolavoro è disponibile su Raiplay.

 

1911 Fernand Guillaume è il primo interprete umano di Pinocchio. Un adulto nei panni di un burattino di legno che vuole diventare bambino vero. Nel 1939 viene prodotto Pinocchio – La chiavetta d’oro (Zolotoj ključik), film della scuola sovietica per la regia di Aleksandr Ptuško. In questo adattamento del racconto di Aleksej Nikolaevič Tolstoj basato sull’opera di Collodi, Pinocchio appare come un pupazzo animato. L’anno dopo è la volta della versione animata di Walt Disney. La prima versione televisiva è a stelle e strisce con il comico americano Spike Jones che interpreta un adattamento satirico. Nel 1952 Totò rende omaggio al burattino collodiano con la famosa gag in Totò a Colori. Più vicino ai nostri tempo fu Roberto Benigni a impersonare il burattino e poi a diventare Geppetto nella versione realizzata da Matteo Garrone nel 2019. Da segnalare anche la coproduzione italo-inglese del 2009, un notevole sforzo produttivo che segna ancora quanto questa storia sia amata.