Madam Secretary: l’alternativa a Shondaland

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Madam Secretary. Elizabeth McCord è un’ex agente della Cia ora diventata insegnante universitaria. Tiene lezioni, si confronta con gli studenti e, dopo una vita in giro per il mondo al servizio dell’intelligence statunitense, decide di vivere in campagna. Elizabeth è sposata con un insegnante di teologia ed insieme hanno tre figli. Tutto sembra scorrere liscio fin quando, un giorno, un evento improvviso cambia la sua routine e il suo futuro.

Il segretario di Stato in carica muore in un incidente aereo, avvenuto in circostanze poco chiare, e il presidente degli Stati Uniti, ovvero l’ex capo di Elizabeth quando lavorava come analista della Cia, la vuole al suo fianco per gestire il Dipartimento di Stato. Inizia così la prima puntata della serie Madam Secretary, inedita in Italia, ma che in America ha già concluso la sua seconda stagione. E sia avvia a tornare sullo schermo nel prossimo autunno con l’inizio della terza. La serie creata e prodotta da Barbara Hall, in onda sull’emittente Cbs, si ispira al periodo in cui Hillary Clinton ha guidato il Dipartimento di Stato. I temi caldi della diplomazia americana e dell’attualità ci sono tutti: Medio Oriente, Russia, guerra in Ucraina, rapporti con Cuba, giusto per fare alcuni esempi. Elizabeth (interpretata da una molto convincente Tea Leoni) accetta la carica di segretario di stato ed inizia la sua avventura. Primo obiettivo: avviare un rapporto proficuo e di fiducia con il suo staff che si dimostrerà fondamentale nella risoluzione delle controversie. I problemi sono tanti ed Elizabeth dovrà confrontarsi con  situazioni delicate sia di politica interna ma, soprattutto, di politica estera. Situazioni delicate in cui, in alcuni casi, sarà necessario infrangere il protocollo diplomatico e usare metodi più “forzati”.

Elizabeth ha dalla sua l’esperienza personale maturata in anni di lavoro nell’intelligence e che le ha portato contatti in tutti il mondo;  le crisi da affrontare sono tante: si va dalla questione libica, alla guerra Siriana fino al sempre delicato e centrale Yemen, giusto per fare qualche esempio. La capacità della serie sta nel portare sullo schermo con molta credibilità tutti gli avvenimenti di attualità che hanno caratterizzato le pagine degli esteri negli ultimi anni. Accanto alle singole vicende presentate nelle singole puntate, inoltre, la prima stagione affronta una sua storyline legata ad un altro mistero: perché è morto il segretario di stato? Sappiamo che è deceduto in un incidente aereo, ma l’incidente è stato causale o c’è qualche intrigo da svelare? Senza dimenticare gli approfondimenti legati alla questione dei rapporti con l’Iran.

Elizabeth è una donna pragmatica, un tecnico al servizio del suo paese che non ha ambizioni politiche e la serie, pur parlando di politica e di potere, è molto lontana dalla cattiveria di House of Cards o dallo scenario offerto da Homeland.  Emerge, invece, il ruolo di donna di Elizabeth, diverso anche dalla rappresentazione del mondo di Shondaland, con Elizabeth che è costretta a fronteggiarsi e trovare un equilibrio tra le crisi diplomatiche e le emergenze in famiglie. Perché prima di essere Segretario di Stato Elizabeth è una moglie (il marito Henry interpretato da Tim Daly è un professore di teologia anche lui con un passato nei servizi di intelligence) ed una donna con tre figli a carico e che non si risparmiano nel darle preoccupazioni. Per questo Elizabeth  deve alternarsi tra il salvare il mondo dal pericolo di una nuova guerra e le sue emergenze familiari. Molto bello e intenso il rapporto tra Bess e Henry e il legame con i figli che svolge un ruolo portante in tutti gli episodi. Se nella prima stagione la questione iraniana svolge un ruolo centrale, nella seconda la serie compie un ulteriore passo in avanti e affronta la questione dei rapporti tra Russia e Stati Uniti, prima di raccontare la lotta all’Isis. E in un puntata (la 2×15) entra in gioco anche il governo Italiano colpevole “di pagare i riscatti” per i rapimenti in Medio Oriente.

Un pregio di Madam Secretary è quello sicuramente di essere una serie molto solida e, forse, molto più concreta e vicina alla realtà di quanto si possa pensare. Può sembrare in alcuni casi banali? Forse. Ma di sicuro non lo è: la questione diplomatica viene posta nella sua interezza e nella sua concretezza vengono messe in tavolo tutte le carte per trovare la soluzione definitiva. Il tutto per una serie che si contraddistingue per il forte ritmo narrativo.

Nella seconda stagione va ricordata la presenza, in alcuni episodi, di alcune guest star: Morgan Freeman (tra l’altro è regista del primo episodio della seconda stagione e figura anche tra i produttori) e l’ex segretario di Stato nella seconda legislatura di Bill Clinton Madeleine Albright.

Il finale regala una sorpresa e getta le basi per rilanciare e magari approfondire nuovi aspetti della politica americana e, soprattutto, dare nuova linfa alla serie. Solo nel prossimo autunno, però, potremmo scoprire le intenzioni degli autori.

Bruno Apicella