Happy Valley: l’Inghilterra dura e poco felice

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Recentemente, mentre esploravo il web in cerca di storie nuove, mi è capitato di vedere questa immagine. Qualcosa non mi quadrava. Non sapevo che Netflix avesse iniziato a produrre in Inghilterra, vista che la donna è una poliziotta al servizio di sua maestà. Così ho scoperto Happy Valley, serie in 6 episodi, prodotta da BBC1, a cui Netflix ha deciso di dare seguito con una nuova stagione. Adesso i conti tornano. Allora ho deciso di vederla, scoprendo che vedeva la reunion di  Sarah Lancashire, nella foto, e l’autrice Sally Wainwright dopo Last Tango in Halifax, dramma romantico che oramai è alla sua terza stagione e ha vinto parecchi prima. Qui però non c’è niente di romantico.

Sarah Lancashire è brava e stavolta lo fa pesare ancora di più rispetto all’altra serie ambientata a Halifax, stesso set anche di Happy Valley. Ma non c’è solo lei nel cast, che è davvero di buon livello.

Su tutti Steve Pemberton, talento poliedrico dal carattere camaleontico, protagonista e co-autore di piccoli gioielli come Psycoville, The League of Gentlemen, alcuni episodi di Whitechapel e delle tre stagioni di Inside Number 9 realizzate con il vecchio sodale Reece Shearsmith. Qui dà vita ad un personaggio che esprime una ipocrisia enorme: il contabile dell’azienda che chiede un’aumento al suo capo per mandare le sue figlie in una scuola più prestigiosa. Passano 48 ore, ma neanche, prima che il suo capo su consiglio della moglie cambi idea che lui, Kevin, abbia già suggerito un piano per la figlia del boss e chiederne il riscatto.  Questa è la Happy Valley, lo Yorkshire dove i giovani vanno matti per le droghe, il senso civico è annientato è anche l’economia non se la passa bene.
Tutto però gira intorno al sergente Catherine, sergente di polizia, ora divorziata in seguito al presunto stupro della figlia e al suicidio che ne è seguito. La famiglia ne è uscita a pezzi e il ritratto però fa vedere come  a volte si raggiunga un’apparente stabilità, fragile come fosse fondata sulla sabbia. I nuovi dolori saranno la via per affrontare tutte le vecchie ferite. Quasi tutte. Perché sul finire del 2015 arriverà la seconda stagione, prodotta da Netflix.
Perchè recuperare Happy Valley? Prima di tutto perché è un buon crime, non siamo sui livelli di Bosch, perché i toni ricordano più la serie di Fargo – anche qui aspettiamo la seconda stagione. Oltre le vicende Sally Wainwright sa delineare dei personaggi in maniera ottima, non solo verosimili, ma reali, che hanno una molteplicità di stati d’animo, che piangono e ridono, che si abbracciano e si picchiano. Non è facile, vista la quantità di monodimensionalità che circola sopra i nostri schermi. Può essere una lezione per i produttori italiani? Si, perché comunque sono storie “di provincia”, Halifax può essere Parma, come Varese, la lezione che non dovrebbe rimanere chiusi nelle nostre retoriche non molto verosimili.
La serie ha vinto il BAFTA, l’oscar inglese, come miglior dramma e come miglior scrittura.