DIARIO: La mia colpa

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E’ una parola pesante, vero? Sembra uscire fuori da qualche romanzo stile fine ottocento con le copertine impolverate, oppure richiamare alla memoria abiti accollati, redingote scure e tutto un mondo che ci sembra lontano richiamato solamente dagli sceneggiati di una volta o delle serie tv in costume. Per quelle potete sempre leggere le tante recensioni che ci sono su questo blog. Però, se dico “senso di colpa” ecco che entriamo in territori più recenti, dove la psicologia ha preso il posto dei confessionali, almeno dove è stato possibile, o dove è stato voluto. A me però è un’altra la colpa che interessa, che mi riguarda, quella della malattia. La colpa di essere malati.

L’ultima piccola crisi che ho avuto è stata quasi come una porzione di luce che mi ha fatto vedere un po’ più di luce su quella mappa ancora nascosta che è la mia vita. Ho sentito che finalmente cominciavo a mettere un punto forte dentro di me: No, non è stata colpa mia. Non è stata una mia responsabilità. Non ho deciso, né fatto nulla perché venissi colpito dal tumore al cervello con tutte le conseguenze che questo ha portato. Lo so che sembra scontato, lo che sembra assurdo pensarlo, lo so che subito ci sarà qualcuno che si alzerà per vestire i panni del solone o del censore ma ci sono malattie per cui ci si sente in colpa. Parliamo di malattie per cui si vede l’altra parte, quella della linea di confine fra la vita e la morte, quella in cui ad un certo punto non sai davvero se ti conviene vivere. Perché? Perché non sai come fare, perchè ti senti sempre un disturbo, un obbligo, un peso, incapace di poter fare il minimo indispensabile.

Poi c’è un’altra cosa: la colpa dà un motivo, una ragione, una causa, una responsabilità, chiamatela come volete! Serve? Certo! La cerchiamo tutti quanti perché è difficile ed orribile pensare di essere ridotti ad una statistica, ad un numerino! E non stiamo parlando di abbonati ad un sito web, ma a “malati di malattie gravi”, di malattie mortali.Ci faccio i conti ogni giorno, anche se non ci penso su, non ci ragiono o rimugino. Ti chiedi perché è successo e perché è successo a te. Gli altri ti dicono “vivi il momento”! Ok, ma io non sono un adepto di discipline orientali, anche se mi affascinano molto, sono uno che fa coi conti se stesso, con quello che è stato. Soprattutto con quello che si ricorda di essere stato. Quello che è rimasto. Che non è molto. E non è facile vivere senza ricordi. Non è facile aver dimenticato i natali in famiglia, le uscite con gli amici, alcune ragazze baciate e tanta altra roba. Non ricordo più se e quando ho fatto lo stronzo con una ragazza e perchè!  Non c’è più! Alcuni dicono “Vivi il momento, Carpe Diem”. Ok, ma i ricordi sono le nostre esperienze. Mica si sa andare in bicicletta senza esperienza, serve cadere. Io neanche ci so andare e dopo il tumore ho scoperto che i miei centri dell’equilibrio erano pessimo. Io invece mi sono sempre sentito in colpo per questo. Ho perso la mia “macchia umana” per usare l’espressione del grande romanziere Philip Roth. E non è bello, è terribile non sapere chi sei dopo i 45 anni e trovarsi a tremare dalla paura in un parcheggio per il rumore della grandine sul tettuccio, come se fosse Hiroshima!

Il motivo? Perchè? Non so perchè, non lo so e credo che non lo saprò mai, al di là della spiegazione neurologica e scientifica. La colpa almeno dà una responsabilità, un senso a tutto questo. Dice che sei tu, il governo, il Covid, i poteri forti, la juve, Salvini e vai avanti come fanno tutti! Io questo lusso non ce l’ho e non me lo posso permettere.

La verità è che la colpa non c’è perchè il senso non c’è. Potevo toccare a qualcun altro, ma è toccato a me. E’ una ruota che gira e lamentarsi non ha davvero “senso” – che splendida parola che è. E allora? E adesso? Non lo so. Per ora quello che so è che non è colpa mia e che sono anche stanco di cercare questa colpa

Una persona mi ha chiesto se ho paura di morire.Gli ho risposto di no. Perché? Perché io sono già morto. Non sono Lazzaro, né mi credo tale, quindi tenete a freno tutti i reporter di testate locali in cerca di scoop di basso livello, anche perché in caso io sono di alto livello e ho una splendida giornalista in casa! La morte vuol dire fine. Quando ti risvegli con un cicatrice lunga dietro la testa e devi chiedere cosa è successo, fartelo ridire giorno dopo giorno, costruire la tua memoria sulla memoria degli altri, perché la tua è scomparsa e al massimo hai qualche immagine, voi quella come la chiamate? Forse sono stato dall’altra parte, se c’è. Tanto non lo ricordo, quindi non chiedete numeri della sorte o notizie di vostri cari che credete stiano in altri lidi perchè non ne so nulla. So però che morire non mi fa paura. Questo non vuol dire che mi metto in macchina e mi metto ad andare contro un paura. Mi fa più paura vivere, mi fa più paura fare la strada sbagliata per tornare a casa, oppure non essere di fastidio agli altri, paura di non salutare una persona che vi conosce da anni e voi non avete la più pallida idea di chi sia. Provate a stare in mezzo a persone che parlano di eventi e fatti del passato, che chiacchierano e continuano a dirvi “te lo ricordi vero?”. Come essere un cinese in mezzo al congresso della ribollita toscana senza neanche gli assaggi!
Sto smettendo anche di essere incazzato, perché bello non lo ero, però il cervello quando funzionava, sapeva davvero funzionare! Questo me lo ricordo.

Morire è un attimo. Vivere è una vita. E’ un’impresa. E ci sto provando. Ogni fottuto istante, ogni giorno che ancora ho in questa parte. Mi fa paura perdere le cose che amo e soprattutto le persone che amo. Mi fa orrore deluderle, vederle tristi.Mi fa paura non riuscire a raccontare me stesso mentre riesco benissimo a raccontare tutto il resto. Spesso mi sento davvero un antropologo su Marte come diceva Oliver Sacks parlando del suo rapporto con i suoi pazienti. Solo che stavolta io sono sia l’antropologo che il marziano!.
Mi fa paura che non capiscano quanto io stia provando a vivere questa vita con loro.
Non è facile, fra medicine, terapie, ansie di non essere all’altezza, di non meritarlo e tutto il resto.
Non lo è per niente, però è.
Si, questa è la mia colpa.

PS: Qualcuno si chiederà perché scrivo tutto questo. Forse perché non sono instagrammabile? Oppure anche perché negli ultimi mesi dove ho più coscienza di me ma non ricordi, sui social, ho visto l’affetto ed il ringraziamento di tanta gente che vive la malattia o vive accanto alla malattia.
Anche perché ne ho bisogno, perché per arrivare a questo post ne ho versato di lacrime e di dolore, cosa normalissima per chi sa cosa vuol dire stare male e non pensarci è una stronzata.
Ma anche perché so di essere bravo ed anche vanitoso. E mi piace quando riesco ad arrivare in fondo a qualcosa di mio.

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