Di cosa parliamo quando parliamo di noi e di amore. Buona Pasqua.

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Io e Carver

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Questo è un post privato, in fondo tutti i miei post lo sono, ma stavolta credo di più. Stavolta parlo di amore.

Ho sempre amato la scrittura di Raymond Carver. Punta all’essenziale, ogni parola è pesata e sta lì per colpire, niente è di troppo e niente è di meno.
Una volta scrisse: “Le parole sono tutto ciò che abbiamo perciò è meglio che siano quelle giuste.”

Io e i ricordi

ricordi

Ogni giorno Facebook fa rivedere il feed dei ricordi, dei nostri post del passato, compresi quelli dove si è stati taggati. Ogni giorno mi arrivano anche quelli di due anni fa quando ero stato operato per l’asportazione del tumore al cervello. Sono quelli di Mita, mia moglie. Ammetto che mi fa impressione dire “mia moglie”, forse perché ho una percezione del tempo diversa da quando ho avuto il tumore. Per alcuni versi io davvero è come se avessi due anni. Non è paura di invecchiare, per fortuna non attuo comportamenti da eterno adolescente come certi sessantenni. Ho 46 anni, lo so, e a volte so anche che è come se ne avessi vissuti 146. Solo che credo di aver vissuto varie vite. Magari è percezione, oppure è proprio così.

Mita scriveva una sorta di diario chiamato “Cose belle in giornate brutte” che pubblicava su Facebook. Le giornate erano davvero brutte, pesanti, e condividere le cose fa bene. L’altro giorno mi ha fatto rivedere la foto della mia prima passeggiatina nel giardino dell’ospedale. Mi sembra passato un secolo.

Un giorno di due anni fa le dissi  “Mi fido di te, solo di te”.
Una dichiarazione d’amore? No. Di più. E’ una dichiarazione di resa all’altro. Di resa nelle braccia dell’altro.
Molti ci dicono che siamo una coppia meravigliosa. Hanno ragione.
Abbiamo i nostri problemi come tutti e forse di più viste le mie condizioni di salute anche più degli altri. Abbiamo i nostri lati oscuri, i nostri scazzi, mi chiedo chi non ne abbia.  Abbiamo fatto un bellissimo matrimonio perché volevamo farlo, perché noi ci volevamo e ci vogliamo. Non volevamo sposarci, volevamo l’uno e l’altro. Vivevamo insieme già da anni, quasi sin da subito, prima facendo avanti indietro, poi fissi. Dopo l’uscita dall’ospedale però serviva un passo diverso. Serviva proprio un momento. Una cerimonia. L’abbiamo fatto come volevamo.
Affrontare la vita con un amnesico, con una depressione chimica e tutto il resto, con un carattere come il mio, non è affatto facile. Certo, sono simpatico, me la cavo in cucina, ma le chiesto di sposarmi mentre ero in un letto d’ospedale e le ho proposto di fare il pranzo proprio lí. Non si mangiava mica male!
Il viaggio di nozze non lo abbiamo fatto, problemi di soldi e non solo. Il matrimonio però è stato il giorno più bello della nostra vita. Come volevamo noi. E c’era la nostra canzone di sottofondo.

Mi fido di te, solo di te

Noi abbiamo una sincerità disarmante, ci conosciamo molto bene, naturalmente con quegli angoli e quelle pieghe nascoste che ogni persona ha il diritto di conservare per sé.
Vorrei darle di più e non solo in senso materiale, vorrei che fosse più tranquilla, ma a volte so che è così, che quello è il suo carattere, il suo modo meravigliosamente caotico di affrontare la vita in cui poi riesce a portare tutto in porto. Vorrei darle di più non perché mi senta in obbligo, non perché mi debba sdebitare, anche se so che il solo fatto che io riesca ancora a scrivere, che riesca ancora camminare, che non stia su una sedia a rotella con la saliva che mi cola dalla bocca, che riesca ancora a respirare e trascorra questa quarantena con lei invece che chissà dove è gran parte merito suo. Non in senso medico-clinico, ma per altro.

Soci di Vita

Qualche giorno dopo che eravamo usciti dall’ospedale eravamo fermi in macchina mentre ci colse un temporale. Iniziò a grandinare. I chicchi di ghiaccio colpivano il tettuccio della macchina e a me sembrava di essere sotto un bombardamento, sotto il fuoco incrociati di gragnole di proiettili. Il mio respiro era molto pesante. Lei mi teneva la mano. Io tenevo gli occhi chiusi.
“Mi fido di te solo di te”.

Siamo soci di lavoro e di vita. Alcune ci dicono che abbiamo fatto delle rinunce l’uno per l’altro. No. Abbiamo fatto delle scelte. È molto diverso.

Sicuramente entrambi pensavamo che la nostra vita sarebbe andata in un’altra maniera. Ci conosciamo e da neanche 9 anni e nonostante io sia irresistibile non credo di essere il sogno di una donna. Giusto di una suora missionaria dedita al martirio forse.
Però quel giorno che ci stiamo visti dopo un po’ di mesi che ci eravamo conosciuti sui social è stato come riconoscersi. Non ci stavamo aspettando. Non ci stavamo cercando. Ci stavamo scegliendo.
Carver in uno dei racconti della  “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” scrive:

“E hai ottenuto quello che volevi da questa vita,
nonostante tutto?
Sì. E cos’è che volevi?
Potermi dire amato,
sentirmi amato sulla terra.”
Io, da narcisista insicuro quale sono, un ossimoro vivente, aggiungo che volevo scegliere di amare.
So di averlo fatto non per il solo fatto di farlo, ma perché “Mi fido di te, solo di te”.

Mita Borgogno

PS. Le ho fatto questa foto oltre un anno fa. Nel viso si nota ancora una certa timida sfrontatezza che ho riconosciuto spesso nelle sue foto di bambina. Non le rende pienamente giustizia, perché non si vede il suo meraviglioso sorriso, però credo di aver colto tutta la forza che ha nell’affrontare la vita.Insieme a me.
Mi fido di te. Buona Pasqua amore mio.

E Auguri anche a tutti voi.