Da Zapruder a Obama. Noi vogliamo essere spiati.

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Da Zapruder a Obama. Noi vogliamo essere spiati.

Il Datagate non è morto.Anzi. Le rivelazioni sul cellulare spiato della cancelliera Merkel hanno buttato benzina sul fuoco, provocando ancora più imbarazzo nell'amministrazione Obama. Io, come altri, non capiamo come in Italia questa faccenda venga quasi messa in secondo piano, come una cosa senza importanza, mentre si tratta di una vicenda molto più grosso di Wikileaks e Assange, ma forse si trova ridicolo che loro, gli americani, vengano a spiare gli europei. Chiariamo però un punto: tutti spiano tutti. Era così in passato, dall'impero romano, alla serenissima dei Dogi, che pare abbia avuto quasi un terzo dei suoi sudditi come delatori.

Da Zapruder a Obama. Noi vogliamo essere spiati.Da Zapruder a Obama. Noi vogliamo essere spiati.

WIKILEAKS VS DATAGATE

Ovvero Assange VS Snowden, i due volti simbolo, le due icone dei casi che hanno rivelato i cable e i file segreti delle guerre in Iraq e Afghanistan, più il sistema di sorveglianza Prism dell'NSA, National Security Agency americana. I primi riguardavano anche gli alleati, i secondi sono sullo spionaggio degli alleati oltre che dei cittadini. Eppure oramai sembra che tutti siano consapevoli di essere spiati, sembrano quasi accettare il fatto come una condizione normale. E' così, dato che anche nei pneumatici delle auto che guidiamo c'è un codice RFID che permette il riconoscimento a distanza, per non parlare delle miriadi di videocamere sparse ovunque. Non basta tenere spenta la webcam del computer con cui riuscite a conversare con un amico, perché può essere attivata in qualsiasi momento.
Il grande errore in tutta questa faccenda è che la CIA e l'NSA si sono fatti beccare. Dal Patrioct Act in poi, stiamo sulla contemporaneità, c'è stata la convinzione che gli Stati Uniti, giusto o sbagliato che fosse, sapessero fare bene il loro lavoro di intelligence. Oggi sappiamo che non è così. Perchè il DATAGATE è la dimostrazione che un sistema di sorveglianza di questo tipo non ha retto. Se è bastata la delazione, volendo la diserzione, di un uomo, analista di prima nomina, di un singolo per mostrare il Re Nudo, allora il Re non aveva nessun vestito addosso, neanche un misero straccio. Davvero le intelligence degli altri paesi non sapevano? Ancora non è certo, ma sembrarebbe davvero troppo singolare come accadimento. E i cittadini?

Da Zapruder a Obama. Noi vogliamo essere spiati.

DALLAS, ZAPRUDER E KENNEDY

Il 22 novembre 1963 un sarto nato in Russia, ma oramai residente nella città texana, decide di andare al lavoro. Quel giorno sotto il suo ufficio sarebbe passato il corteo presidenziale, siamo in campagna elettorale e John Fitzgerald Kennedy è in piena attività per la sua rielezione. Il Texas è uno stato storicamente repubblicano, ma Kennedy aveva un carisma incredibile.Abraham Zapruder, il sarto, appena arrivato, viene convnto dalla receptionist, Marylin Sitzman a tornare a casa per prendere la sua cinepresa 8 mm. Zapruder , dopo, si mette alla ricerca del miglior luogo da cui filmare il passaggio del corteo. C'è un terrapieno sul lato destro di Elm Street, un muretto di cemento e il sarto lo elegge come punto di osservazione. C'è un grande movimento di uomini e mezzi, sono pochi a essere veramente consapevoli di quello che sta per succedere, forse meno delle dita di una mano e Zapruder non è tra questi. Eppure in ventidue secondi (altri quattro che compongono i ventisei totali non riguardano il corteo presidenziale) impressi su una pellicola 8 millimetri Abraham Zapruder filma la scena: l'assassino del presidente degli Stati Uniti d'America. Presto saranno il cinquantesimo anniversario di una ferita ancora aperta, ma in realtà quello che m'interessa è che Zapruder aprì la strada ai videoamatori, un fenomeno che con la tecnologia contemporanea nutre tutta l'entertainment mondiale, basta pensare a Youtube.

E' stato un caso? Una cinepresa 8 mm passa dai filmini familiari a riprendere la storia, anzi la Storia. Quell'occhio poi si è moltiplicato, la tecnologia è avanzata e si è incrociata con tutte le altre. Il pianeta oggi pullula di occhi e di schermi, di masse di dati enormi che neanche vengono esaminati, guardati, ascoltati, ma semplicemente raccolti. Il sarto russo ha dato il via ad un fenomeno incredibile di cui non si è reso conto. Lui era lì ed è diventato la storia, non ha fatto solo il testimone,

La personalizzazione dei servizi, non parlo Nutella e Coca Cola, ma del fatto che esistono servizi che mi propongono le cose che mi servono, o che mi piacciono, o che desidero, consapevole o inconsapevole, hanno avuto un prezzo: le nostre identità molteplici e frammentate. Penso che solo una percentuale intorno allo 0,1% legga i Terms and Conditions, dove sicuramente abbiamo dato il permesso che i nostri dati possano essere usati per ricerche di mercato, archivi e le nostre foto, i nostri pensieri e le nostre notizie non siano più nostre. Ci indigniamo per qualcosa a cui abbiamo detto si. Ricordatevi che c'è gente, tanta gente, che ha creduto che, mettendo uno status di una decida di righe, avrebbe potuto fermare e aggirare le policy dei social network, oppure che ha firmato una petizione perché Facebook rimanesse pubblico! E da quando lo è?
Siamo arrabbiati eppure non smettiamo di mettere dati su dati.

Perché lo facciamo? Difficile domanda, ma credo che ci sia una domanda più calzante rispetto alla paura di essere spiati. Mi è venuta in mente stamattina leggendo una vignetta di Silvia Ziche, dove una ragazza dice: Io non ho paura di essere spiata, ma che chi lo fa mi trovi molto poco interessante.