C’era una volta…la fantascienza italiana

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C’è vita sugli altri pianeti? Si, ma anche lì stanno parecchio attenti agli assembramenti! Esaurita questa tristissima freddura sugli extraterrestri e la prevenzione da Covid – sicuramente i marziani portano la mascherina – veniamo al motivo per cui è stata espressa. Sembra assurdo ma anche in Italia c’è stata la fantascienza, uno dei generi forse più amati e praticati dall’industria audiovisiva mondiali a giudicare dal numero di produzioni e di spettatori. Da E.T. a Matrix, passando per tutti le più variegate e possibili ipotesi di complotto di X-Files, la fantascienza piace. Anche in Italia. E la Rai c’ha provato! Oggi sembra che questo genere sia stato abbandonato, ma forse in qualche cassetto o computer di Viale Mazzini, ma anche delle altre sedi di produzioni tv, c’è una sceneggiatura dove un sacerdote detective parte su una bicicletta spaziale allo scopo di evangelizzare i mondi oltre il sistema solare risolvendo misteri insoluti.

Il primo titolo di cui dobbiamo obbligatoriamente parlare è senza dubbio “A come Andromeda”. Forse il migliore sceneggiato di SF, abbreviazioni con cui noi appassionati a livello internazionali indichiamo la Science Fiction, mai prodotto dalla RAI. Il compianto Luigi Vannucchi interpreta il matematico Fleming, che riceve un misterioso messaggio dalla galassia di Andromeda inerente la costruzione di un supercalcolatore. La storia si svolge in Inghilterra in futuro all’epoca molto prossimo. Alla vigilia dell’inaugurazione di un rivoluzionario telescopio che dovrà scrutare lo spazio, giunge sulla Terra proprio un segnale proveniente dalla costellazione di Andromeda. L’unico scienziato in grado di decifrare il messaggio è proprio il Dottor Fleming, geniale astronomo non molto amato dalle autorità britanniche per via del suo carattere ribelle e insofferente alle regole. Il segnale di Andromeda è in codice binario e Fleming comprende che si tratta delle istruzioni per costruire un supercomputer che consentirà alla scienza di fare un clamoroso balzo verso il futuro: il contatto con nuove forme di vita.
Ciò che colpì maggiormente il pubblico italiano, a parte una recitazione più che dignitosa, fu la verosimiglianza della storia, che tutto sommato, pur trattando di un tema come quello dell’intelligenza artificiale, resta credibile ancora oggi, sottolineando ancora una volta l’importanza della scrittura e mostrando che anche per certi generi non sono necessari investimenti eccessivi in effetti speciali. Ambientato, come dicono i titoli, “in Inghilterra, l’anno prossimo”, lo sceneggiato è pervaso da un’atmosfera di malinconia e di rinuncia (gli alieni sono visti come qualcosa di lontano, di inesplicabile). A come Andromeda fu tratto dall’omonimo romanzo di sir Fred Hoyle e John Elliot (ne scrissero un altro in seguito, a detta di molti scadente) e consacrò definitivamente l’attrice Paola Pitagora, già famosissima per la Lucia manzoniana. Nella parte di Andromeda, la ragazza creata dal computer, Nicoletta Rizzi. Luigi Vannucchi non ha bisogno di presentazioni. Attore televisivo (Il cappello del prete), cinematografico (La tenda rossa) e teatrale, era anche lui stesso un appassionato di SF; numerose le sue apparizioni nelle convention italiane dell’epoca. Particolari curiosi: lo scrittore italiano Inisero Cremaschi, autore della sceneggiatura, ebbe una parte nello sceneggiato, mentre il nome dell’organizzazione (criminale) interessata ai piani del supercomputer è chiamata INTEL! Negli stessi anni anche la BBC realizzò uno sceneggiato tratto dallo stesso romanzo.
Altro titolo importante è Gamma. La storia vede un pilota collaudatore che ha un incidente spaventoso. Nell’urto riporta una commozione cerebrale gravissima, i medici disperano di salvarlo. Viene tentato l’impossibile: gli viene trapiantato un nuovo cervello, prelevato da una banca degli organi. L’operazione riesce, il paziente viene rieducato, ma per motivi inspiegabili, egli commette un omicidio. Processato e riconosciuto colpevole, viene condannato a morte. Curiosamente, il protagonista è cosciente di avere compiuto il delitto, ma con il cervello e forse con ricordi e con una personalità che non gli appartengono. Ben recitato e condotto Gamma sfiora appena il delicato tema del trapianto degli organi. Celebre il motivo conduttore di Enrico Simonetti, padre un altro Simonetti musicista, il figlio, militerà a lungo nei Goblin, complesso di una certa notorietà per aver composto alcune colonne sonore dei film di Dario Argento, fra cui il cult Profondo Rosso. Lo sceneggiato affronta temi allora considerati di scottante attualità, come il diffondersi della droga tra i giovani. Davvero trasgressivo invece appariva l’atteggiamento nei confronti della scienza: la medicina compie esperimenti senza curarsi del destino delle cavie, animali o umani esse siano. Jean, il protagonista, diviene un oggetto da esperimento, il corpo umano una macchina rottamabile da cui si estraggono pezzi utili senza badare troppo alle implicazioni etiche. La medicina viene incontro anche al sistema giudiziario, fornisce assistenza nelle esecuzioni e obbliga i testimoni a ricordare e visualizzare gli eventi di cui sono stati testimoni, con una procedura degna di un processo di Torquemada. Ogni dubbio riguardo alle giustificazioni etiche dei trapianti viene a galla con la vicenda dello sfortunato pilota. Questo titolo aveva il merito di portare a conoscenza del grande pubblico dei molti temi che la fantascienza portava oltre la vita aliena, temi che poi saranno presenti nella letteratura di scrittori come Philip Dick e del filone cyberpunk con William Gibson e Bruce Sterling.

Dopo il successo di pubblico dello sceneggiato gotico-fantastico Il segno del comando, di cui abbiamo precedentemente parlato la RAI incaricò il regista Daniele D’Anza di realizzare una nuova produzione in quattro puntate dal titolo E.S.P. sul mondo del paranormale. Protagonista uno degli attori migliori del nostro teatro e anche del cinema: Paolo Stoppa. E.S.P. (acronimo di Extra Sensorial Perceptions), trasmesso nel 1973, è un felice tentativo di avvicinare l’argomento al grosso pubblico, tramite la narrazione romanzata della vita del paragnosta Gerard Croiset. L’argomento viene affrontato con taglio documentaristico e biografico, evitando sia la freddezza di un ritratto giornalistico, sia le inopportune concessioni alla spettacolarizzazione dei fenomeni. A riprova della serietà della narrazione, la miniserie venne realizzata con la consulenza scientifica dello studioso Emilio Servadio e con la collaborazione dello stesso Croiset.