Black Mirror 3: social, uomini e api

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Per gli amanti delle serie tv e della fantascienza Black Mirror, l’anthology creata da Charlie Broker, è diventato un appuntamento irrinunciabile. Quest’anno è andato in onda su Netflix, che ha anche contribuito alla produzione, sostenendo la nuova società dello stesso Broker 6 episodi che come sempre analizzano il rapporto fra uomo, società e tecnologia. Visionate tutte e lo dico chiaramente i primi episodi non mi avevano entusiasmato: alcuni erano migliori, io sono un grande ammiratore di Broker, lo credo un visionario molto cosciente, però stavolta avevo l’impressione che stesse segnando il passo. Invece…

Lo aveva già anticipato pubblicando alcuni commenti sul mio profilo facebook. Però voglio spiegare che la colpa di alcuni commenti non totalmente positivi sono proprio di Black Mirror, visto che aveva abituato tutti noi sempre a trame e colpi di scena veramente notevoli. Certo qui abbiamo 6 episodi, le precedenti due stagioni erano composte da 3 episodi ciascuna. Qui cercherò di mettere delle mie impressioni episodio per episodio, quindi chi non teme lo spoiler può andare avanti, gli altri sono avvertiti. Insomma se non sapete nuotare non andate verso l’acqua alta.

Cominciamo.

Nosedive
Francamente mi ha deluso parecchio anche se il tema trattato è interessante, però il social media management andrebbe affrontato in maniera diversa. Va bene la critica alla dittatura del like, però qui non c’è imprevedivibilità, manca la lateralità che ha sempre caratterizzato la produzione di questa serie.

Playtest
La storia del ragazzo che molla la madre, e anche il padre affetto da Alzheimer, per fare il globetrotter non è molto forte, però la sequenza nell’industria dei videogiochi funzona. Non è male neanche una sorta di antitesi fra il mondo dei videogiochi – però il giapponese “pazzo” non è molto originale – è il senso di colpa per trauma dell’abbandono è buono. Un episodio che ha un sentore del vecchio Black Mirrror.

Shut up and dance
Questo episodio ha avuto valanghe di apprezzamenti e commenti positivi. Li merita? Si e No. Si se fosse una prima stagione, solo che Black Mirror ha avuto già due stagioni e uno speciale strepitoso. Il tema del ricatto via web è importante, il finale coi due che si battono in un duello all’ultimo sangue è interessante, soprattutto per il ricatto che gli viene perpetrato. Non vi dico qual è, ok lo spoiler, ma non esageriamo. Impreziosisce tutto la presenza di Jerome Flynn, uno che vanta nel suo curriculum Game of Thrones e Ripper Street.

San Junipero
Struttura buona, con questa coppia di donne che si innamora e si insegue attraverso il tempo. Alla fine riescono a incontrarsi anche nella vita reale, uno è in un letto di una clinica e ha scelto l’eutanasia, l’altra è anziana, però non vuole morire. Perché nel futuro si può vivere in uno spazio-tempo virtuale, San Junipero, una sorta di blanda Tijuana dove è sempre festa e si è felici. Broker si costruisce l’occasione per parlare dei matrimoni gay e dell’eutanasia. Niente male, ma un po’ troppo zucchero.

Men against fire
Già il titolo mi stuzzicava, come il riferimento a Sharship Troopers, film del 1997 diretto da Paul Verhoeven e liberamente tratto da un libro di un maestro della fantascienza come Robert Heinlein. Siamo in un tempo futuro, gli uomini sono in guerra contro gli insetti. Di notte ai soldati vengono indotti degli orgasmi sessuali. Gli insetti sono antropomorfizzati, sembrano quasi umani. Eppure sono un pericolo. Perché? Non si sa. I soldati indossano una maschera, il Mass. Al protagonista, il soldato Stripe, si guasta proprio il Mass e comincia a vedere la realtà per quello che è: gli insetti sono esseri umani come gli altri. I colloqui con lo psicologo dell’esercito mostrano come ci sia una volontà da parte dei “piani alti” di voler condizionare l’esercito e così risolvere manu militari problemi come sovrappopolazione, povertà, immigrazione. Finisce con una iniziale obiezione di coscienza di Stripe per finire con un volontario ricondizionamento. Perché la verità è insopportabile, quindi meglio accettare la menzogna e viverla.

Hated in the nation
Se non avessi visto questo episodio il mo giudizio complessivo su questa stagione di Black Mirror sarebbe stato medio, però poi è arrivato l’episodio migliore mai realizzato. Dura 89 minuti, quanto un normale film mainstream, però è nettamente superiore alla media. Non vi dirò molto perché vale la pena vederlo. Si affronta il tema dell’odio su Internet, gli hashtag, ma anche la salvaguardia ambientale, visto che le api sono tutte estinte, rischio che esiste sul serio. Devo dire che questo episodio, forse anche perché l’ultima porta la terza stagione a un buon livello, non la migliore, ma sicuramente alla qualità a cui Broker ci aveva abituato. Si sente l’influenza del noir scandinavo. Protagonista Kelly Macdonald, che esordì in Trainspotting di Danny Boyle ed è stata protagonista di 56 episodi di Boardwalk Empire, accanto a Steve Buscemi.